des Palmes come il mio ufficio di
rappresentanza, e i miei ospiti, i miei clienti li ricevevo
all'Hotel des Palmes, dove avevo, come si usa, la stanzetta
riservata del bar, che era quella dove si sono costruiti e
distrutti governi regionali e nazionali, dove c'era il famoso
orologio senza le lancette. Purtroppo ci sono andato di recente
e il nuovo direttore ha fatto una delle più grandi sciocchezze:
ha rimesso le sfere. Difatti mi sono lamentato e ho detto: "Togliete
quelle lancette!", perchè quell'orologio senza lancette
aveva un significato, cioè: il tempo all'Hotel des Palmes non
significa niente, è un albergo senza tempo. Una delle cose che
non ho scritto sono tutte le storie di corna che si sono svolte
li, e che non si possono scrivere, perchè i personaggi sono
spesso personaggi dello spettacolo, personaggi della politica,
personaggi assai noti a cui non si può fare cenno. Poi non ho
parlato di un personaggio che fu un personaggio notissimo a
Palermo, il famoso conte Perrier, che abitava fra Roma e
Palermo, scendeva solitamente dalla sua camera alle 9.30, alle
10.30 era già sbronzo, perchè attaccava subito con una bottiglia
wisky, e all'ora dell'aperitivo o a quello del the litigava
sempre con qualcuno e gli lanciava il guanto di sfida per il
duello. Uno dei grandi padrini di questi duelli, che erano
sempre incruenti, fu un altro personaggio della Palermo del
'900, cioè Pustorino, il famoso venditore di camice, scarpe,
guanti, impermiabili, rigidamente di gusto inglese. Pustorino,
lo sanno in pochi, fu uno dei pochissimi a conoscere i segreti
dei regolamenti dei grandi duelli, visto che veniva chiamato a
fare il padrino. Il conte Perrier rimase famoso per le sue
battute ferocissime.
L'Hotel des Palmes è stato
abbondantemente saccheggiato, sopratutto dagli americani. Gli
ufficiali americani abitavano all'Hotel des Palmes e rubarono a
man bassa un mare di roba, un generale americano si portò la
spinetta dove Wagner compose il Parsifal, un'altro rubò il
ritratto ad olio di Crispi, sotto il quale amava mangiare
Orlando, il presidente della vittoria del '15-'18, il quale
proveniva da modesti natali, però aveva appreso bene l'arte del
ben mangiare, difatti pretendeva ogni colta che andava all'Hotel
des Palmes quattordici portate, che gli servivano nel suo tavolo
riservato sotto al ritratto di Crispi. Scomparse pure tutta
l'argenteria dell'albergo, hanno rubato tutto! Qualche cosa è
rimasto perchè trovato da Toty Librizzi, che li mise da parte.
E' l'albergo più fascinoso della
città, nasce come casa di Benjamin Hingham, uno degli inglesi
del Marsala, che ebbe poca fortuna, perchè si trasferì li da una
casa che aveva dove adesso c'è il palazzo della AAPIT al
Politeama, dove addirittura per evitare che gli costruissero
davanti, conoscendo glorie e miserie di questa amministrazione
comunale, non potendo comprarsi l'area che aveva davanti, perchè
destinata a piazza, ma sapendo che il comune a queste
sottigliezze urbanistiche ci ha sempre badato poco, a sue spese
ci fece costruire il Palchetto della musica, pensando così di
evitare ogni futura costruzione davanti a casa sua, e buono
fici. Purtroppo ci rimise la casa, perchè gli eredi, poi,
quella bella casetta se la vendettero e al suo posto ci nacque
quell'obbrobbio di acciaio e vetri che vediamo oggi, sempre
approfittando della permissività della nostra amministrazione
comunale. Tornado all'albergo, si era fatto costruire questa
bella casa all'inglese, ed era una classica costruzione
coloniale ottocentesca inglese, con un bellissimo paro davanti e
tutt'attorno, con ficus, ibiscus, palme, veramente una delizia
tropicale. Accanto si era fatto costruire una chiesa inglese,
una chiesa anglicana in stile gotico, che era collegata a casa
sua attraverso un passaggio sotterraneo, esiste ancora, è celato
da una specchiera nel saloncino blu che si trova accanto al bar.
Il decoro di questo saloncino blu, fu il decoro della casa dei
principi di Baucina, che nel 1902 si vendettero il decoro, lo
comprò Basile e lo collocò nell'albergo. Una delle due
specchiere si apre, perchè in effetti è una porta, e da li si
cende nel passaggio sotterraneo che va alla chiesa anglicana,
purtroppo il passaggio venne interrotto quando si aprì quest'ultimo
tratto di via Roma. Perchè si fece costruire questo passaggio
sotterraneo? Perchè capì che a Palermo le cose non andavano
molto bene, già nell'ultima parte dell''800, e si era preparata
una via di fuga. Dentro ad una chiesa di rito anglicano, un
palermitano rivoltoso non sarebbe mai entrato.
Quale fra i personaggi che
hanno frequentato l'Hotel des Palmes, già trattati nel tuo libro
vogliamo ricordare?
Per accennare a qualche
personaggio, parliamo per esempio di Raymond Roussell, che abitò
alla 224, quando arrivò a Palermo era già distrutto da alcool e
droga, e al cameriere Masino Orlando chiese di tagliargli le
vene per 100 franchi, ma pare che abbia provveduto la sua tata,
Charlotte Fredez, gli atti della sua morte saranno pubblicati
nel 1971 da Leonardo Sciascia, che ci scoprirà mille
contraddizioni e tante cose strane, a quanto pare fu ammazzato.
Personaggio molto difficile. Fra le cose da ricordare ci fu
l'ultima guerra. Come sai Palermo fu bombardata al 90%, tanto è
vero che è medaglia d'oro al valor militare insieme a Napoli, a
Genova e a Milano. Quindi una città distrutta interamente,
incredibilmente si salvo solo l'Hotel des Palmes, una bomba
cadde davanti la porta dell'albergo, centrando una balilla, e
non esplose, incredibile. Un'altra bomba attraversò da parte a
parte l'albergo, ma senza fare danni, passò sulla testa del
barone Vincenzo Greco Militello, che fu svegliato da quel
frastuono, invece di protestare con la direzione, visto che lui
protestava per qualsiasi cosa, anzi per lo scampato pericolo si
mise a conquistare femmine su femmine, giustificandolo con il
fatto che lui aveva visto la morte con gli occhi, e quindi si
doveva rifare. Il barone Di Stefano vi abitò per 50 anni, e su
di lui ho fatto una mia indagine che è servita per uno
sceneggiato che hanno fatto alla televisione giapponese, che è
stato girato proprio all'Hotel des Palmes. Una cosa
interessante, intanto, che il barone Giuseppe Di Stefano non era
nemmeno barone, era soltanto un mafioso di Castelvetrano, che,
per motivi suoi, ho trovato cinque o sei versioni diverse, si
chiuse volontariamente alle Palme, il fatto sicuro è che era
ricco sfondato, per cui si poteva permettere di abitare, senza
farsi mancare nulla, all'Hotel des Palmes, fumò per tutta la sua
vita dei sigari cubani che si chiamavano "Julieta e Romeo", che
facevano a posta per lui a Cuba, e che gli spedivano ogni mese.
Aveva un'odio per tutto quello era la comunicazione di massa,
non lesse mai un giornale, e quando arrivò la televisione disse:
"No grazie non mi interessa!". Ogni mattina riceveva la
visita dello chef, a cui lui chiedeva notizie sul mondo, quindi
li aveva riportate di seconda mano. Ogni mattina inoltre
decideva cosa doveva mangiare sia a prazno che a cena,
naturalmente lui dava, centellinandole, alcune ricette di casa
sua. Spesso gli arrivava il pesce fresco in omaggio da Mazara,
l'olio di Castelvetrano in omaggio, amava l'aglio, lo metteva
dappertutto, era una cosa infame visto che pare puzzasse d'aglio
in maniera incredibile. Per circa 10, 12 anni ricevette la
visita di una signora con cui andava a letto, era una sua
vecchia amante, poi questa signora non si vide più. Raramente
usciva dall'albergo, se non qualche volta di notte, faceva il
giro del palazzo e poi rientrava, qualche volta arrivò da
Dell'Oglio in via Ruggero Settimo, per scegliersi qualche capo
di abbigliamento. Spesso invitava al suo tavolo VIP di
passaggio, come Guttuso, il tenore Di Stefano, che lui chiamava
cucino, anche se non erano cugini, erano solo omonimi, al
suo tavolo invitò Carla Fracci.
Questa era la vita alle Palme.
Alle Palme si facevano i grandi balli di carnevale, i cenoni di
fine d'anno, ... Ecco perchè è così amato dai palermitani,
normalmente un albergo non è frequentato dai cittadini, mentre
invece i palermitani, curiosamente, furono grandissimi
frequentatori dell'Hotel delle Palme. La gente che contava
mangiava alle Palme, riceveva gli amici, i clienti e gli ospiti
alle Palme, se c'era un matrimonio il trattenimento si faceva
alle Palme, tutto si faceva alle Palme. Uno degli elementi più
vivi dell'albergo fu senz'altro il bar, il cuore pulsante, il
bar non era un posto, era tre o quattro posti, c'era l'angolino
con il bar, la salettina riservata, un'altro angolino dietro,
c'era la possibilità di nascondersi e di rifuggiarsi in questo
locale, dove non eri disturbato, nessuno ti vedeva, quindi
potevi ricever chi volevi, c'era una omertà assoluta da parte
del personale, e poi negli ultimi quarant'anni ci fu un barman
assolutamente eccezionale che fu Toty Librizzi, che è riuscito a
raccogliere un'infinità di fogli in A4. A tutti i VIP di
passaggio lui dava sto foglio, chiedendogli un autografo e
possibilmente un disegnino. Chi gli mise due parole, chi un
disegno, chi una firma e uno schizzo, però tutti attraverso
questi fogli escono interi con la loro personalità, ecco dove è
la bellezza di questa operazione. Naturalmente Toty Librizzi è
un personaggio grandioso perchè è di quelli che non apre bocca
ancora adesso, anche se in penzione, diciamo che le piccole cose
me le ha andato centellinando nel corso degli anni, e mi sono
fatto un'idea di cosa doveva essere il suo lavoro, difficile,
perchè bastava aprire la bocca con la persona sbagliata per
rimetterci la pelle. Il vecchio direttore Sandro Attanasio
disse: "Sono uscito dalle Palme vivo e incensurato! Era più
di quanto sperassi." Toty Librizzi è stato un barman unico
al mondo, perchè ricevette le confidenze di tutti gli ospiti,
più o meno ubriachi, quindi immaginate che cosa hanno raccolto
le orecchie di Toty Librizzi. Toty ha una grande qualità, che è
la riservatezza, ed è riuscito a sopravvivere solo per questo.
Io penso che le Palme è l'albergo
più intrigante d'Italia, perchè un'altro albergo così non penso
che esista. Tutt'oggi lo frequento ancora, quando ho degli amici
li poro sempre li, non più tardi di una settimana fa, gli ho
accompagnato degli ospiti piemontesi, che sono rimasti scioccati
da questo bar, e fra l'altro ho bevuto con loro un Marsala che
aveva 50 anni, sono rimasti allibiti da questa atmosfera
felpata, ovattata, dove non c'è nessuno che si permette di
disturbarti, poi questo bancone di bar, che non è un vero
bancone di bar, ma è un tavolo, quasi di casa tua, che ti
appartiene, tu non sei un oggetto estraneo in questo albergo,
questa è la potenza delle Palme. Spero solo che la proprietà
delle Palme si renda conto dell'unicità e che restauri e
globalizzazioni a parte, sappiano restituire a questo albergo
questa sua caratteristica che lo ha sempre contraddistinto, le
Palme non è fatto per essere globalizzato, non dimentichiamo che
anche il Concierge, personaggio emblematico di tutti gli
alberghi, si prestava anche a delle recite a soggetto: quel
pazzo del barone Agostino La Lumia, si scriveva delle lettere da
solo, se li faceva recapitare alle Palme, perchè la posta la
voleva urlata, allora aspettava che in mezzo a quella confusione
che c'era nella Hall il Concierge gli urlasse: "Barone, c'è
posta per lei!", lui si avvicinava, lasciava una mancia
sontuosa e ritirava la posta, e così tutti sapevano che lui era
il barone La Lumia, che fra l'altro ne disse fesserie, era
cliente fisso della 124 e sosteneva che li c'era stato
concepito, io ho fatto un lavoro improbo, mi sono andato a
leggere l'elenco di tutte le presenze della camera 124, i suoi
genitori li dentro non c'entrarono mai. Questi erano i
palermitani, unici nel loro genere, capaci di inventarsi le
proprie leggende. Oggi non esistono più, sono strati distrutti
dalla globalizzazione, omogenizzazione, schiacciati dalla
piattezza di questi tempi che viviamo. L'ultimo grande
palermitano, fu il figlio dell'antico proprietario delle Palme,
di quel cavaliere Ragusa, che perse le Palme al gioco, in una
notte di poker, l'albergo fu perso al gioco. Il figlio, il
famoso professore Enrico Ragusa, fu un personaggio leggendario
della Palermo degli anni '50, e forse l'ultimo personaggio di
spirito in questa città. Andava in giro appoggiandosi al
bastone, visto che era claudicante, aveva un pancetta che lui
chiamava, da agiatezza, e nei pomeriggi estivi in via Ruggero
Settimo si fermava e urlava: "Cornuti!", la gente si
girava e lui cominciava a contarli. Fece la fortuna di un
giovanissimo Pino Caruso, che cominciò la sua carriera di attore
raccontando le storie del cavaliere Ragusa, storie vere, che
sembravano inventate, una volta per esempio scendendo da un
torpedone che aveva gradini altissimi, cadde a terra e
l'autista: "Che fu professore, cariu?" e lui prontamente
rispose: "No sempre accussi scinnu!". Morì, come aveva
vissuto, da uomo di spirito, morì a Roma, circondato da tutte le
donne di famiglia, era in coma, si riprese, aprì gli occhi,
guardò e disse: "Che bello, muoro immenso ai fimmine!",
chiuse gli occhi e morì. E' una cosa splendida, uomo di spirito
fino all'ultimo. |