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Palermo è... il basilico
Articolo inserito il 10/02/2007 alle ore 10.15.50
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Un piatto di spaghetti al pomodoro senza le foglioline di basilico, scusate, ma è come una "bella senz'anima"... "Ocymum Basilicum" in latino, ma "Basilikòs" per i greci: pianta regale, degna di un re. E noi siciliani come "basilicò" l'abbiamo accettato nella nostra lingua.
Vita difficile quella del basilico, ma il suo profumo fu più forte delle dicerie e delle superstizioni se pensiamo che per i romani fu addirittura il simbolo dell'odio.
Arrivarono a scrivere che dal basilico, tritato e masticato, posto sotto una pietra, nascessero gli scorpioni!
La medicina antica lo considerò pianta dannosa, eppure lo stelo pare sia un efficace antitumorale a livello dello stomaco.
Per sua fortuna nel Seicento il botanico Castore
Durante trovò che "esso giova alle passioni e genera allegrezza".
Meno male.
Nel primi anni del Trecento ebbe grande successo questa ballata portata in giro dai giullari:
Qual'isso fu lo malo cristiano,
che mi furò la grasta
del basilico mio selemontano?
Cresciut'era in gran podestà
ed io lo chiantal colla mia mano...
Fu lo jornu di la festa;
chi guasta l'altrui cose è villania.
Chi guasta l'altrui cose è villania
e grandissimo è il peccato.
Ed io la meschinella
ch'io m'avia una grasta seminata
tant'era bella e all'ombra mi dormia
dalla genti invidiata
fummi furata davanti alla porta.
... e tutta mi sanava
tant'avea freschi gli audori.
E la matina quando la naffiava
alla levata del sole
tutta la genti si maravigliava:
d'onde vien cotanto audore....
I bellissimi e dolcissimi versi ci ricordano la "triste historia" di Isabetta da Messina che Boccaccio fa raccontare da Filomena, nella V novella della 4a giornata del Decamerone. Racconta Filomena che la messinese Isabetta si era innamorata di Lorenzo, un giovane garzone della bottega dei fratelli che facevano i mercanti.
Non era proprio un amore platonico...
La tresca venne fuori, a galla, quando uno dei fratelli vide la sorella recarsi di notte nella stanza del giovane amante. Decisero, quindi, di lavare nel sangue l'onore, come s'usava dalle nostre parti....
Insomma, un delitto d'onore.
Seppellirono il cadavere in campagna dicendo in giro di averlo mandato in Toscana per affari. L'ucciso, però, apparve alla bella Isabetta raccontando tutto per filo e per segno e indicando pure il luogo esatto dov'era seppellito.
Di notte, Isabetta andò a scavare e non potendo portarsi via l'intero corpo, si fa accontentò della testa che nascose in un vaso di basilico.
Innaffiato ogni mattina con le sue lacrime, quel "basilico selimontano" cioè salernitano, della ballata cresceva rigoglioso e ricco "di audore"...
I fratelli però scoprirono il segreto di quel vaso e per paura di essere accusati del delitto, si trasferirono a Napoli con la sorella.
Isabetta però vi morì di dolore, alcuni giorni dopo...
E una delle nostre belle storie romantiche, immortalata dalle pagine del Boccaccio.
I vasai siciliani, nel ricordo di quella storia d'amore (... e di basilico), modellano ancora oggi le "graste" cioè i vasi, in modo da rappresentare la testa umana: la testa del povero Lorenzo.
Per fare il paio c'è anche quella della innamoratissima Isabetta...
Forse non è vero niente, come al solito, e si tratta soltanto di una, "trasposizione plastica" dell'antico nome del vaso che, in latino, si chiama appunto "testa"....
Il vaso di basilico rimase nella nostra fantasiosa simbologia come "simbolo significante" della donna che attende l'amante, della donna innamorata....
Come tale, e fino a tutto l'Ottocento, fu l'insegna di mestiere della "Cassariote" palermitane: signore di "petites vertus" che esercitavano il mestiere più antico del mondo nel vicoli del "Cassaro morto", il Corso Vittorio Emanuele.
Ce lo ricorda Giuseppe Tomasi di Lampedusa: il Gattopardo, stufo dei "Gesummaria" dei rapporti coniugali con la Principessa-consorte, se ne andò nel Cassaro a trovare Mariannina che "teneva la grasta di basilicò" alla finestra....
Non era ancora tempo di luci rosse.
Indispensabile negli spaghetti al pomodoro, il basilico è stato rivalutato in medicina: ha virtù digestive, carminative e diuretiche.
Stimola l'appetito e poi ha pure il potere di tenere lontano le zanzare. Un suggerimento, quindi, per le signore che volessero tenerlo davanti alle finestre...
Senza offesa, per carità.
Tratto da: “Palermo è …..” di Gaetano Basile, edito da Dario Flaccovio Editore di Palermo.
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