E’ allievo di
Gianfranco Piozzini, chef dell’Excelsior di
Venezia; dal 1992 fino al 1994 è Chef de Partiè
presso il Ristorante "13 Giugno" di Milano sotto
la direzione di Saverio Dolcemascolo dove
perfeziona il suo stile.
Nel 1995
viene scoperto dal grande Chef Claudio Sadler
con il quale collabora presso il suo ristorante
a Milano sino al 1997.
Nel 1998 si
trasferisce nella sua Palermo e realizza il
primo dei suoi sogni aprendo a Casteldaccia il
Ristorante Pegaso che, in poco tempo, diventa
uno dei ristoranti più frequentati ed apprezzati
della zona.
Nel 2000
realizza un altro sogno nel cassetto ed apre a
Palermo in un antico baglio dell'800 il
ristorantino Pascipà.
Nel 2002
inizia a collaborare con l'Istituto Alberghiero
di Palermo Maurizio Cascino dove insegna Cucina
nella terza area.
Nel 2003 cede
il ristorantino di Palermo ai suoi collaboratori
per concentrare i suoi sforzi nel Ristorante
Pegaso.
Nel 2004
interpreta con la compagnia Zappalà una pièce
teatrale che rappresenta il suo percorso
professionale presso il Teatro Savio di Palermo.
Da anni
conduce rubriche gastronomiche in radio,
organizza manifestazioni di beneficenza quali “Gli
Angeli in Cucina”, e corsi di cucina nel suo
ristorante.
La cucina di Davide D’Arcamo
Da questo lungo
viaggio attraverso culture culinarie, le più
diverse, nasce così la cucina di Davide D’Arcamo:
innovazione nella tradizione della cucina
regionale.
La sua esperienza
di cuoco inizia tra i fornelli delle piccole
trattorie di borgata e prosegue nelle grandi
cucine della ristorazione di lusso. Questo
fortunato incontro tra l’alta cucina
internazionale e quella “povera”, ma ricca di
sapori, della tradizione siciliana ed, in
generale, regionale dà vita ad un felice
connubio culinario, reso personalissimo dalla
creatività sinestetica con la quale D’Arcamo da
anni stupisce chi gusta i suoi piatti.
La sua capacità
eclettica e compositiva ha avuto così modo di
concretizzarsi in ardite propo-ste di autentica
cucina italiana di alto profilo: la più rinomata
cucina italiana ed internazionale si sposa così
con quella siciliana, terra d’origine dello
chef.
La sua
impostazione culinaria proviene da un connubio
ricercato di prodotti genuini e di valore, di
accostamenti peculiari, di piatti classici e di
piatti creativi.
La cucina di
Davide D’Arcamo non si attiene poi soltanto alle
ricette più tradizionali, ma cerca di usufruire,
per quanto può essere possibile, di prodotti
locali.
Questo nuovo modo
di fare ristorazione, una sorta di “nouvelle
cucine” all’italiana, con buona pace dei
francesi, riscuote da subito ampi consensi.
La rivisitazione
di antiche ricette, alle volte quasi
dimenticate, e la riscoperta di sapori sopiti
nella memoria ma
rievocati in
chiave “moderna” è la “filosofia culinaria”
proposta dallo chef Davide D’Arcamo.
La richiesta di
tali inusitati connubi proviene, d’altra parte,
dalla clientela stessa, sempre più attenta e
preparata, che sceglie di percorrere itinerari
alla scoperta di arte e cultura non disdegnando,
quali aspetti culturali, la buona tavola e le
tradizioni: e sebbene in Sicilia la cultura
gastronomica rimandi ad una cucina
essenzialmente povera, contadina, la
rivisitazione che ne fa Davide D’Arcamo lascia
non poche sorprese.
Non solo una
riproposizione, dunque, di piatti della
quotidianità, ma un’attenzione particolare alle
radici storiche di ogni piatto che parte dalla
scelta dei prodotti per concludersi alle volte
con reinterpretazioni anche ardite.
D’altra parte, la
tradizione a cui si ispira Davide D’Arcamo va
ben al di là della comune accezione del termine:
è una tradizione millenaria, quella siciliana,
in |
|
primis, così
prodiga di contaminazioni culinarie e culturali,
la cui realizzazione spesso implica una ricerca
meticolosa, resa complessa anche dalla difficile
reperibilità di ingredienti ormai caduti in
disuso.
I piatti proposti
quindi, pur non escludendo, anzi valorizzando,
l’ambito della tradizione gastronomica locale,
sono il risultato di una continua ricerca che è
filologica prima che gastronomica, dedicata
anche all’evolversi delle tendenze alimentari e
dei modi di vita della società senza rinunciare
alla tradizione della cucina tipica italiana.
Anche la
presentazione dei piatti “tipici” così
rivisitati segue lo stile a cui l’alta cucina
abitua i propri frequentatori. |