Le Interviste: Gaetano Basile (Il Grand Hotel des Palmes)

di Luigi Farina


indice articoli


foto di Luigi Farina ©2005

Intervistare Gaetano Basile è sempre un piacere, si starebbe ore e ore ad ascoltarlo, oltretutto ringraziando le innumerevoli ricerche da lui eseguite sugli usi e costumi, sulla cucina tradizionale e sulla storia di Palermo c'è sempre da imparare. Quando ho iniziato a riportare questa intervista, mi sono trovato davanti ad un bivio, o cercare di sintetizzare l'intervista o di dividerla in modo da non presentare una pagina troppo piena di testo che avrebbe "spaventato" il visitatore. Mi è sembrato più giusto scegliere questa seconda strada ed ho quindi diviso l'intervista in tre parti.

Adesso passiamo al Grand Hotel et des Palmes di cui hai già scritto nel tuo libro "Palermo è ...", di cui riportiamo a parte lo stralcio dedicato appunto a questo albergo.

Non starò qui a ripetere quello che ho già pubblicato (ndr: visitare la pagina cliccando sul link qui in alto), però vorrei aggiungere delle altre cose. L'Hotel des Palmes mi è particolarmente caro, innanzitutto perchè ci ho passato la mia infanzia, devi sapere che la mia famiglia, che possedeva la Fonderia Basile, come un po' tutte le buone famiglie

palermitane, quando c'erano ospiti di riguardo non si portavano a mangiare in casa, ma si invitavano fuori, e si invitavano sempre all'Hotel des Palmes. All'Hotel des Palmes ci entrai da piccolo divertendomi come un pazzo con la porta girevole, che purtroppo adesso non c' più. Poi con mio padre lo frequentai, perchè si andava ad incontrare, almeno tre volte la settimana, il colonnello Charles Poletti, grazie al quale si potè riaprire la fonderia. E in quel periodo era frequentato da ogni genere di personaggi, le grandi puttane, monarchici allo sbando, politici che si affacciavano alla ribalta politica di quei tempi, intrallazzisti, mafiosi, c'era di tutto. Mi è rimasto sempre l'immagine come dell'albergo per eccellenza, li dentro uno veniva coccolato, si mangiava bene, con le posate d'argento, il servizio impeccabile, c'era il riscaldamento in inverno, che ancora per un palermitano era un sogno, visto che ancora non c'era nelle nostre case. Poi c'era una "affettuosità" fra il personale e i clienti, che non era leziosa, c'era un rapporto quasi personale, li ho conosciuto i personaggi della cronaca nera, di quella rosa. Poi più tardi ho avuto l'ufficio a piazza Ignazio Florio, a 50 metri, per conseguenza usai il bar e la hall dell'Hotel des Palmes come il mio ufficio di rappresentanza, e i miei ospiti, i miei clienti li ricevevo all'Hotel des Palmes, dove avevo, come si usa, la stanzetta riservata del bar, che era quella dove si sono costruiti e distrutti governi regionali e nazionali, dove c'era il famoso orologio senza le lancette. Purtroppo ci sono andato di recente e il nuovo direttore ha fatto una delle più grandi sciocchezze: ha rimesso le sfere. Difatti mi sono lamentato e ho detto: "Togliete quelle lancette!", perchè quell'orologio senza lancette aveva un significato, cioè: il tempo all'Hotel des Palmes non significa niente, è un albergo senza tempo. Una delle cose che non ho scritto sono tutte le storie di corna che si sono svolte li, e che non si possono scrivere, perchè i personaggi sono spesso personaggi dello spettacolo, personaggi della politica, personaggi assai noti a cui non si può fare cenno. Poi non ho parlato di un personaggio che fu un personaggio notissimo a Palermo, il famoso conte Perrier, che abitava fra Roma e Palermo, scendeva solitamente dalla sua camera alle 9.30, alle 10.30 era già sbronzo, perchè attaccava subito con una bottiglia wisky, e all'ora dell'aperitivo o a quello del the litigava sempre con qualcuno e gli lanciava il guanto di sfida per il duello. Uno dei grandi padrini di questi duelli, che erano sempre incruenti, fu un altro personaggio della Palermo del '900, cioè Pustorino, il famoso venditore di camice, scarpe, guanti, impermiabili, rigidamente di gusto inglese. Pustorino, lo sanno in pochi, fu uno dei pochissimi a conoscere i segreti dei regolamenti dei grandi duelli, visto che veniva chiamato a fare il padrino. Il conte Perrier rimase famoso per le sue battute ferocissime.

L'Hotel des Palmes è stato abbondantemente saccheggiato, sopratutto dagli americani. Gli ufficiali americani abitavano all'Hotel des Palmes e rubarono a man bassa un mare di roba, un generale americano si portò la spinetta dove Wagner compose il Parsifal, un'altro rubò il ritratto ad olio di Crispi, sotto il quale amava mangiare Orlando, il presidente della vittoria del '15-'18, il quale proveniva da modesti natali, però aveva appreso bene l'arte del ben mangiare, difatti pretendeva ogni colta che andava all'Hotel des Palmes quattordici portate, che gli servivano nel suo tavolo riservato sotto al ritratto di Crispi. Scomparse pure tutta l'argenteria dell'albergo, hanno rubato tutto! Qualche cosa è rimasto perchè trovato da Toty Librizzi, che li mise da parte.

E' l'albergo più fascinoso della città, nasce come casa di Benjamin Hingham, uno degli inglesi del Marsala, che ebbe poca fortuna, perchè si trasferì li da una casa che aveva dove adesso c'è il palazzo della AAPIT al Politeama, dove addirittura per evitare che gli costruissero davanti, conoscendo glorie e miserie di questa amministrazione comunale, non potendo comprarsi l'area che aveva davanti, perchè destinata a piazza, ma sapendo che il comune a queste sottigliezze urbanistiche ci ha sempre badato poco, a sue spese ci fece costruire il Palchetto della musica, pensando così di evitare ogni futura costruzione davanti a casa sua, e buono fici. Purtroppo ci rimise la casa, perchè gli eredi, poi, quella bella casetta se la vendettero e al suo posto ci nacque quell'obbrobbio di acciaio e vetri che vediamo oggi, sempre approfittando della permissività della nostra amministrazione comunale. Tornado all'albergo, si era fatto costruire questa bella casa all'inglese, ed era una classica costruzione coloniale ottocentesca inglese, con un bellissimo paro davanti e tutt'attorno, con ficus, ibiscus, palme, veramente una delizia tropicale. Accanto si era fatto costruire una chiesa inglese, una chiesa anglicana in stile gotico, che era collegata a casa sua attraverso un passaggio sotterraneo, esiste ancora, è celato da una specchiera nel saloncino blu che si trova accanto al bar. Il decoro di questo saloncino blu, fu il decoro della casa dei principi di Baucina, che nel 1902 si vendettero il decoro, lo comprò Basile e lo collocò nell'albergo. Una delle due specchiere si apre, perchè in effetti è una porta, e da li si cende nel passaggio sotterraneo che va alla chiesa anglicana, purtroppo il passaggio venne interrotto quando si aprì quest'ultimo tratto di via Roma. Perchè si fece costruire questo passaggio sotterraneo? Perchè capì che a Palermo le cose non andavano molto bene, già nell'ultima parte dell''800, e si era preparata una via di fuga. Dentro ad una chiesa di rito anglicano, un palermitano rivoltoso non sarebbe mai entrato.

Quale fra i personaggi che hanno frequentato l'Hotel des Palmes, già trattati nel tuo libro vogliamo ricordare?

Per accennare a qualche personaggio, parliamo per esempio di Raymond Roussell, che abitò alla 224, quando arrivò a Palermo era già distrutto da alcool e droga, e al cameriere Masino Orlando chiese di tagliargli le vene per 100 franchi, ma pare che abbia provveduto la sua tata, Charlotte Fredez, gli atti della sua morte saranno pubblicati nel 1971 da Leonardo Sciascia, che ci scoprirà mille contraddizioni e tante cose strane, a quanto pare fu ammazzato. Personaggio molto difficile. Fra le cose da ricordare ci fu l'ultima guerra. Come sai Palermo fu bombardata al 90%, tanto è vero che è medaglia d'oro al valor militare insieme a Napoli, a Genova e a Milano. Quindi una città distrutta interamente, incredibilmente si salvo solo l'Hotel des Palmes, una bomba cadde davanti la porta dell'albergo, centrando una balilla, e non esplose, incredibile. Un'altra bomba attraversò da parte a parte l'albergo, ma senza fare danni, passò sulla testa del barone Vincenzo Greco Militello, che fu svegliato da quel frastuono, invece di protestare con la direzione, visto che lui protestava per qualsiasi cosa, anzi per lo scampato pericolo si mise a conquistare femmine su femmine, giustificandolo con il fatto che lui aveva visto la morte con gli occhi, e quindi si doveva rifare. Il barone Di Stefano vi abitò per 50 anni, e su di lui ho fatto una mia indagine che è servita per uno sceneggiato che hanno fatto alla televisione giapponese, che è stato girato proprio all'Hotel des Palmes. Una cosa interessante, intanto, che il barone Giuseppe Di Stefano non era nemmeno barone, era soltanto un mafioso di Castelvetrano, che, per motivi suoi, ho trovato cinque o sei versioni diverse, si chiuse volontariamente alle Palme, il fatto sicuro è che era ricco sfondato, per cui si poteva permettere di abitare, senza farsi mancare nulla, all'Hotel des Palmes, fumò per tutta la sua vita dei sigari cubani che si chiamavano "Julieta e Romeo", che facevano a posta per lui a Cuba, e che gli spedivano ogni mese. Aveva un'odio per tutto quello era la comunicazione di massa, non lesse mai un giornale, e quando arrivò la televisione disse: "No grazie non mi interessa!". Ogni mattina riceveva la visita dello chef, a cui lui chiedeva notizie sul mondo, quindi li aveva riportate di seconda mano. Ogni mattina inoltre decideva cosa doveva mangiare sia a prazno che a cena, naturalmente lui dava, centellinandole, alcune ricette di casa sua. Spesso gli arrivava il pesce fresco in omaggio da Mazara, l'olio di Castelvetrano in omaggio, amava l'aglio, lo metteva dappertutto, era una cosa infame visto che pare puzzasse d'aglio in maniera incredibile. Per circa 10, 12 anni ricevette la visita di una signora con cui andava a letto, era una sua vecchia amante, poi questa signora non si vide più. Raramente usciva dall'albergo, se non qualche volta di notte, faceva il giro del palazzo e poi rientrava, qualche volta arrivò da Dell'Oglio in via Ruggero Settimo, per scegliersi qualche capo di abbigliamento. Spesso invitava al suo tavolo VIP di passaggio, come Guttuso, il tenore Di Stefano, che lui chiamava cucino, anche se non erano cugini, erano solo omonimi, al suo tavolo invitò Carla Fracci.

Questa era la vita alle Palme. Alle Palme si facevano i grandi balli di carnevale, i cenoni di fine d'anno, ... Ecco perchè è così amato dai palermitani, normalmente un albergo non è frequentato dai cittadini, mentre invece i palermitani, curiosamente, furono grandissimi frequentatori dell'Hotel delle Palme. La gente che contava mangiava alle Palme, riceveva gli amici, i clienti e gli ospiti alle Palme, se c'era un matrimonio il trattenimento si faceva alle Palme, tutto si faceva alle Palme. Uno degli elementi più vivi dell'albergo fu senz'altro il bar, il cuore pulsante, il bar non era un posto, era tre o quattro posti, c'era l'angolino con il bar, la salettina riservata, un'altro angolino dietro, c'era la possibilità di nascondersi e di rifuggiarsi in questo locale, dove non eri disturbato, nessuno ti vedeva, quindi potevi ricever chi volevi, c'era una omertà assoluta da parte del personale, e poi negli ultimi quarant'anni ci fu un barman assolutamente eccezionale che fu Toty Librizzi, che è riuscito a raccogliere un'infinità di fogli in A4. A tutti i VIP di passaggio lui dava sto foglio, chiedendogli un autografo e possibilmente un disegnino. Chi gli mise due parole, chi un disegno, chi una firma e uno schizzo, però tutti attraverso questi fogli escono interi con la loro personalità, ecco dove è la bellezza di questa operazione. Naturalmente Toty Librizzi è un personaggio grandioso perchè è di quelli che non apre bocca ancora adesso, anche se in penzione, diciamo che le piccole cose me le ha andato centellinando nel corso degli anni, e mi sono fatto un'idea di cosa doveva essere il suo lavoro, difficile, perchè bastava aprire la bocca con la persona sbagliata per rimetterci la pelle. Il vecchio direttore Sandro Attanasio disse: "Sono uscito dalle Palme vivo e incensurato! Era più di quanto sperassi." Toty Librizzi è stato un barman unico al mondo, perchè ricevette le confidenze di tutti gli ospiti, più o meno ubriachi, quindi immaginate che cosa hanno raccolto le orecchie di Toty Librizzi. Toty ha una grande qualità, che è la riservatezza, ed è riuscito a sopravvivere solo per questo.

Io penso che le Palme è l'albergo più intrigante d'Italia, perchè un'altro albergo così non penso che esista. Tutt'oggi lo frequento ancora, quando ho degli amici li poro sempre li, non più tardi di una settimana fa, gli ho accompagnato degli ospiti piemontesi, che sono rimasti scioccati da questo bar, e fra l'altro ho bevuto con loro un Marsala che aveva 50 anni, sono rimasti allibiti da questa atmosfera felpata, ovattata, dove non c'è nessuno che si permette di disturbarti, poi questo bancone di bar, che non è un vero bancone di bar, ma è un tavolo, quasi di casa tua, che ti appartiene, tu non sei un oggetto estraneo in questo albergo, questa è la potenza delle Palme. Spero solo che la proprietà delle Palme si renda conto dell'unicità e che restauri e globalizzazioni a parte, sappiano restituire a questo albergo questa sua caratteristica che lo ha sempre contraddistinto, le Palme non è fatto per essere globalizzato, non dimentichiamo che anche il Concierge, personaggio emblematico di tutti gli alberghi, si prestava anche a delle recite a soggetto: quel pazzo del barone Agostino La Lumia, si scriveva delle lettere da solo, se li faceva recapitare alle Palme, perchè la posta la voleva urlata, allora aspettava che in mezzo a quella confusione che c'era nella Hall il Concierge gli urlasse: "Barone, c'è posta per lei!", lui si avvicinava, lasciava una mancia sontuosa e ritirava la posta, e così tutti sapevano che lui era il barone La Lumia, che fra l'altro ne disse fesserie, era cliente fisso della 124 e sosteneva che li c'era stato concepito, io ho fatto un lavoro improbo, mi sono andato a leggere l'elenco di tutte le presenze della camera 124, i suoi genitori li dentro non c'entrarono mai. Questi erano i palermitani, unici nel loro genere, capaci di inventarsi le proprie leggende. Oggi non esistono più, sono strati distrutti dalla globalizzazione, omogenizzazione, schiacciati dalla piattezza di questi tempi che viviamo. L'ultimo grande palermitano, fu il figlio dell'antico proprietario delle Palme, di quel cavaliere Ragusa, che perse le Palme al gioco, in una notte di poker, l'albergo fu perso al gioco. Il figlio, il famoso professore Enrico Ragusa, fu un personaggio leggendario della Palermo degli anni '50, e forse l'ultimo personaggio di spirito in questa città. Andava in giro appoggiandosi al bastone, visto che era claudicante, aveva un pancetta che lui chiamava, da agiatezza, e nei pomeriggi estivi in via Ruggero Settimo si fermava e urlava: "Cornuti!", la gente si girava e lui cominciava a contarli. Fece la fortuna di un giovanissimo Pino Caruso, che cominciò la sua carriera di attore raccontando le storie del cavaliere Ragusa, storie vere, che sembravano inventate, una volta per esempio scendendo da un torpedone che aveva gradini altissimi, cadde a terra e l'autista: "Che fu professore, cariu?" e lui prontamente rispose: "No sempre accussi scinnu!". Morì, come aveva vissuto, da uomo di spirito, morì a Roma, circondato da tutte le donne di famiglia, era in coma, si riprese, aprì gli occhi, guardò e disse: "Che bello, muoro immenso ai fimmine!", chiuse gli occhi e morì. E' una cosa splendida, uomo di spirito fino all'ultimo.

 

Tratto dall'intervista a Gaetano Basile di Luigi Farina per la seconda puntata della rubrica I Sapori di oggi navigando della storia: Palermo e i suoi palazzi.


dal sito di Gaetano Basile by www.spaghettitaliani.com