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A tavola con l'esperto

a cura di Luigi Farina


12ª Puntata - La cucina delle province siciliane: Caltanissetta e Enna

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I piatti delle varie province siciliane, sia quelli raffinati che quelli popolari e contadini, rispecchiano gli usi alimentari dei diversi popoli che nei secoli si sono avvicendati sull’Isola. In Sicilia la cucina è arte antica e rappresenta l’amalgama perfetto delle influenze delle diverse culture che vi approdarono da ogni angolo del Mediterraneo. La tavola resta il luogo d’introspezione delle diverse civiltà. Una chiave di lettura per ogni provincia: ne racconta storia e civiltà, influenze, miserie e opulenze. Prodotti della terra che vengono da ricchi feudi o pietraie arse dal sole, da coste benedette dal mare o dolci colline ricche di frutti e verdure. Siete nel regno dei sapori e non vi resta che gustarvi la Sicilia.

A titolo di cadeau abbiamo aggiunto una ricetta tipica per ogni capitolo. E’ un nostro piccolo omaggio a quelle donne che le inventarono. Chissà quando.

CALTANISSETTA ED ENNA

Sono terre queste che odorano di zolfo. E’ l’entroterra della Sicilia dove è nata l’agricoltura. Non per nulla qui si onorò Demetra e sua figlia Persefone che si riciclarono nei culti di diverse Madonne. Terre considerate per secoli, il granaio d’Italia. E’ pure zona di pastorizia antica: pecore e capre portate in giro da un pascolo all’altro, come una volta. La cucina di queste parti è fatta di piatti semplici, essenziali giacché si rifà a quella pastorale e contadina più antica dell’Isola.

Sono dominanti il grano duro ed il riso. Servono per i cavateddi di farina e acqua, conditi di sugo o fave e piselli. O per la pasta alla “milanisa” che di Milano ha solo l’aggettivo: ci sono acciughe sciolte nell’olio con l’aglio soffritto e tanto pangrattato abbrustolito. O anche per le “fruatte” che nell’ennese assumono la erre che non hanno a Caltanissetta. Sono pizze con acciuga e cipolla, oppure con olio e pecorino o ancora con frittole di maiale. In genere si fanno cuocere accanto alla brace in un angolo del forno, dopo che si è cotto il pane.
Delicata minestra è il “maccu” di fave, profumato non solo di olio d’oliva, ma pure di finocchietto. Racconta il mito che con il macco fu nutrito Ercole da bambino: con ottimi risultati evidentemente...

La “frascatula” è una polentina di semola di grano duro che da queste parti si coniuga spesso con le verdure.

Tante le minestre contadine con cereali e pure patate e peperoni, broccoli e certe verdure selvatiche che ancora qualcuno si premura a raccogliere. Quand’è tempo ci sono pure i funghi di “ferra” assai esuberanti che si servono in umido, arrostiti o per condire riso e pasta. Rinomati sono i carciofi di Niscemi, le fave di Leonforte e le pesche di Mazzarino.

Tanti formaggi di pecora, naturalmente. Ma non trascurate il “piacentino”, un pecorino dal colore giallo intenso per la presenza dello zafferano. C’entra Piacenza? No. E’ solo cacio che “piace”....

Veniamo al riso. C’è la ciambella di riso, le arancine di riso e ricotta e quelle più tipiche dell’ennese con pecorino, latte, ventrigli e fegatini di pollo, carne di vitello tritata, noce moscata, vino bianco. Un vero peccato di gola sono le “ganeffe”: piccole arancine di riso non più grandi di una noce, immerse in un brodo ristretto odoroso di zafferano e prezzemolo. Una vera delizia orientale che resiste soltanto nelle case. Mai trovate nei menu dei ristoranti.

E poi la pasta fresca fatta in casa, con il sugo di maiale. Ma non disdegnatela con la ricotta di pecora appena diluita nel suo siero, una spolverata di pecorino e tanto pepe nero. A Piazza Armerina regalatevi la pasta con la ricotta, con la polpa di manzo e la ricotta, gratinata al forno. La pasta si prepara pure con tante verdure, erbette selvatiche o magari solo con un profumato filo d’olio d’oliva e una lieve spolverata di pecorino stagionato. C’è pure la versione con l’olio d’oliva, il basilico e la menta. Da non perdere.

I secondi sono dominati dalla pastorizia: agnello, capretto e il solito maiale contadino. Aspettatevi, quindi, tanta salsiccia, insaccati, braciole di agnello alla brace e tanto capretto e agnello al forno. Quando sentite parlare di “ciarbidduzzu” sappiate che di capretto di latte si tratta!

A ricordo di antiche cacce si onora ancora il coniglio in agrodolce o al ragù. La cucina più antica riserva piatti da gourmet come le polpettine di uova con la mentuccia, e il “pane d’uovo” con pomodoro e avanzi di pane nero.

Nelle buone famiglie agiate si usava offrire all’ospite un solenne consommé di pernici detto “broru di pirnìci” per iniziare. Le pernici residue si davano ai cani!

Naturalmente non c’è il pesce , ma tante acciughe e sarde salate che accompagnarono con il pecorino il pane dei poveracci. E l’immancabile baccalà cucinato in tante maniere.

Vengono dal mondo greco arcaico le “kollura”, oggi “cuddireddi”: tradizione vuole che siano a forma di corona perché omaggio alle castellane di Delia durante la guerra del Vespro contro gli occupanti angioini. A Enna non fatevi mancare i “salireddi” delicati bocconcini che sanno di limone, i “chitellini” di mandorle e gli “infasciateddi” biscotti al vino cotto. Specialità di Caltanissetta resta il torrone, dolce che ci viene dalle comunità ebraiche siciliane.

RICETTA

Torta di spinaci alla ennese

2 mazzi di spinaci
Gr. 50 burro
Gr. 25 farina
Gr. 10 uva passa
Gr. 25 pecorino grattugiato
Un panino raffermo
3 uova
2 bicchieri e mezzo di latte
2 mandorle amare
un pizzico di cannella
pangrattato
un cucchiaino di zucchero

Sciogliete il burro a fuoco dolce con poca farina. Versateci gli spinaci, lessati e spremuti, per 5 minuti rimestando sempre. Uniteci il panino rammollito nel latte e lasciate sul fuoco finché bollirà. Togliete dal fuoco e aggiungete il formaggio, la cannella, le mandorle pestate, l’uva passa, lo zucchero, le uova frullate ed il latte che rimane. Mescolate bene amalgamando e poi versate in tegame largo unto e spolverizzato con il pangrattato. Lasciate cuocere in forno fino a cottura.


Gaetano Basile, palermitano DOC, è giornalista, scrittore, autore di testi teatrali, fine narratore, ma sopratutto ricercatore appassionato di tutto quello che è cultura e tradizione popolare, sopratutto nel settore enogastronomico. Ha svolto attività giornalistica e televisiva, divulgando tutto ciò che è cultura siciliana, tanto da meritarsi diversi premi. Vive e lavora a Palermo, dirige la rivista di etnoantropologia "Il Pitrè" e collabora con numerose testate nazionali ed estere.

In questo spazio Gaetano Basile ci offrirà i suoi contributi per darci la possibilità di conoscere meglio la cultura eno-gastronomica siciliana, e palermitana in particolare, parlandoci dell'origine delle pietanze che hanno reso famosa la cucina siciliana, o di quelle a volta meno conosciute, che andrebbero riscoperte, raccontandoci la loro storia e di come si sono trasformati nel tempo.


Il sito di Gaetano Basile

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