Dicembre

2004

Spaghetti Italiani - Portale di Gastronomia

Dicembre

2004

Passeggiata per San Gregorio Armeno

 

le fotografie

Il presepe a Napoli di Luigi Farina

 

"Pensiero" di Peppe Barra

 

Fin da bambino ho sempre amato il presepe, che nella mia famiglia veniva allestito, per tradizione, già dai primi giorni di dicembre. L’allestimento era quello povero, con l’impiego di materiali disponibili in casa, legno, cartone, carta di vecchi giornali. Allora si usavano i colori in polvere, da sciogliere in acqua, polveri di vario colore per colorare le rocce, le montagne, i prati. Servivano anche rametti secchi, muschio, ciottoli, che noi bambini ci divertivamo a raccogliere in giro già da molto tempo prima.

La mia casa in quel periodo si riempiva di odori inconfondibili, ancora presenti nella mia memoria. L’odore dominante era quello della colla di pesce. Noi bambini eravamo gli aiutanti della nonna, che in quel periodo si trasformava in vecchio operaio di cantiere: i suoi tanti anni, come per magia, scomparivano per la metamorfosi in giovane lavoratore a cottimo. Veniva allora il momento della decisione importante: quella di selezionare i pastori validi, scartando quelli zoppi o decapitati, anche se si era combattuti dal desiderio di salvare quelli zoppi, nascondendo nel muschio le loro menomazioni.

Finalmente, dopo tanti giorni di lavoro, il presepe era abbozzato; si trattava ora di addobbarlo, rispettando personaggi, interpreti e scenografia, e in questo campo ognuno si sentiva autorizzato a mettere

mano. Ma, con un intervento dittatoriale severissimo, entrava in scena zia Maria che si arrogava l’esclusiva dell’addobbo dopo aver combattuto contro il terribile assalto di mio padre, che anelava, per lo meno, a sistemare le luci e la grotta del pescatore dalla quale doveva scorrere l'acqua del fiume. Mio padre si preparava alla battaglia brandendo un clistere da lui attrezzato per fungere da bacino idrico. Con quel trofeo in mano se ne ritornava sistematicamente sconfitto alla base.

La grotta della Natività, e questo tutti lo sapevano in famiglia, doveva essere opera di mia nonna, che interveniva in maniera perentoria, stroncando anche la dittatura di zia Maria. A questo punto la grotta del Bambinello diventava di tutto un po’. Ricami a tombolo, stelline fatte col filo argentato, testine di angioletti ritagliate da vecchie cartoline di auguri, insomma un collage di naif e chincaglierie, e come giustamente nella tradizione, il sacro e il profano si fondevano per rappresentare la Natività.

I pastori erano, naturalmente, di terracotta, piuttosto grossolana; la macchiolina rossa che indicava la loro bocca a volte si trovava al posto del naso. Tutti i pastori dovevano essere sistemati nei posti rituali: la lavandaia nel fiume, il pescatore pure, il che a volte creava delle sproporzioni tra i due personaggi, francamente inaccettabili.

Tra i pastori venivano sistemate le pecore, che ogni anno aumentavano di numero perché quelle zoppe non si aveva il coraggio di buttarle via; esse venivano affondate nel muschio, dove fingevano di essere distese a riposarsi. Finalmente il presepe era terminato per il giorno 8, giorno dell’Immacolata e dell'onomastico di mia madre. Per quel giorno doveva essere pronto, e pronto era!

I miei ricordi più belli di questo giorno erano quando al buio, spente tutte le luci della stanza, il presepe si illuminava e io assaporavo questo momento, e sognavo, immedesimandomi in ogni parte del presepe.
Una sera mi trovavo da solo, incantato, e la voce di mia madre mi riscosse dal sogno. «Peppi’... ma che staie facenne sulo... loco ‘nnanze?». E io risposi che volevo sapere perché Benino, il pastorello dormiente, lo si metteva sempre in alto e sempre nello stesso posto. E mamma mi rispose: «Pecché accussì è l’usanza. Add'a stà llà! e basta!... È stato sempe accussì!»

Capii allora che nelle usanze non ci sono spiegazioni.

Chi cerca in esse la logica è destinato a rimanere deluso. Bisogna solamente viverle, sognarle, e lasciare che ti parlino con il muto linguaggio della poesia e dell'amore.

Peppe Barra

ringraziamo Peppe Barra che ci ha autorizzato la pubblicazione, tratto dalle note di scena dello spettacolo "La Cantata dei Pastori"

 

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Il presepe a Napoli di Luigi Farina

 

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