Un bagno di folla, centinaia di
migliaia di persone, tra palermitani e turisti,
la notte scorsa sono scesi in strada per
assistere al suggestivo spettacolo del 379°
Festino in onore di Santa Rosalia, diretto da
Davide Rampello.
Una tradizione che si ripete
ogni anno da quando, nel 1624, la città venne
invasa dalla peste e liberata dal morbo solo
dopo il ritrovamento, dentro una grotta sul
Monte Pellegrino, delle ossa della “Santuzza”.
Il Carro è stato il protagonista del corteo
trionfale, preceduto da dieci tamburini, da un
esercito di soldati in uniforme del seicento
(alcuni veri militari di leva, altri figuranti),
da sette portantine su cui erano sedute le Virtù
cardinali e teologali, e da quattro portantine
con i dignitari e il viceré. Un carro imponente,
alto quasi dieci metri, realizzato in ferro,
legno, vetroresina, dipinto con motivi marmorei
e con alla sommità la statua di Rosalia, con il
volto e le mani di porcellana.
La voce narrante di Arnoldo Foà ha accompagnato
tutto il corteo, suddiviso in tre quadri
teatralizzati: il primo, messo in scena sul
piano del Palazzo Reale, ha raccontato la prima
la Palermo seicentesca, con le sue botteghe
artigiane e con il fiorire di attività, vita e
colori, poi l’arrivo della peste e la morte, la
città piegata dal male.
Il secondo quadro è stato messo in scena quando
il Carro è giunto davanti alla Cattedrale, dove
i toni teatrali della prima parte hanno lasciato
il posto alle suggestioni luminose e alla
liberazione dalla peste, rappresentata
attraverso l’apparizione della statua della
Santa sul Carro Trionfale: il tutto, scandito
dalla voce di Foà, dalle testimonianze in
dialetto seicentesco e dall’accompagnamento
musicale.
Il Carro si è poi fermato al centro dei Quattro
Canti, piazza Vigliena, “invasa” da palermitani
e turisti, dove il sindaco è salito sul Carro,
ai piedi della statua della Santa, deponendo un
mazzo di fiori e gridando per ben due volte il
tradizionale “viva Palermo, viva Santa Rosalia”.
Il Corteo festante si è poi diretto verso il
Foro Italico, la “passeggiata a mare”, dove a
mezzanotte in punto sono esplosi i fuochi
d’artificio: poco più di cinquanta minuti di
coloratissime luci, accompagnate da “botti” e,
per la prima volta, da un “barocco” sottofondo
musicale, hanno illuminato a festa il “Foro
Italico” e lo specchio antistante: un
immancabile rito che ha simboleggiato il trionfo
della vita sulla morte (ovvero del Bene sul
Male) e la rinascita della città, liberata dalla
peste grazie alla Santa Patrona.
E’ stato il momento della festa, alla quale
hanno partecipato orgogliosi e affascinati
centinaia di migliaia di spettatori, fra cui
diversi turisti stranieri, attratti anche dai
venditori di “calia e semenza”, “luppini”, fave
secche, “babbaluci”, “mandorlate”, “nocciolate”
e angurie ghiacciate.
Tantissima gente ha anche assistito allo
spettacolo dal mare, a bordo di barche,
barchette e gommoni.
Utilizzati duemila chili di
esplosivo, circa tremila “bombe” e trecento
disegni pirotecnici che hanno raffigurato e
disegnato nel cielo soli e spighe. Per la prima
volta in assoluto il momento più suggestivo del
Festino è stato accompagnato da un sottofondo
musicale, curato da 45 maestri, diretti da
Gianluca Martinenghi, posizionati su un palco di
fronte al “Palchetto della Musica”. La colonna
sonora dei “botti” era prettamente barocca, con
brani come la “Musica sull’acqua” e la “Musica
per i reali fuochi d’artificio” di Georg
Friedrich Haendel e i classici “triunfi” del
Festino: il “Triunfu di Santa Rosalia” e il
“Ballu di li virgini”. Finito il “concerto
grosso per fuochi e orchestra”, organizzato e
allestito da Andrea Peria, Alfio Scuderi e
Sandro Tranchina (della Set artisti associati),
è esplosa la “masculiata” finale, la liberatoria
esplosione ritmica e assordante dei fuochi,
accompagnata dal suono dei percussionisti, fino
al tradizionale “botto” finale. |