Il pettegolezzo
nasce nel 400 a.C. con Socrate. E’
intellettualistico-moralistico che coinvolgerà
presto la letteratura e i tre ceti sociali, oggi
più che mai colpiti. La litania dei perché,
delle continue domande, la curiosità di sapere,
la meraviglia e la chiacchiera sono
caratteristiche e della filosofia e del
pettegolezzo. I primi a parlare male della
filosofia non sono stati i non filosofi, ma i
filosofi. Se Socrate è l’emblema del
pettegolezzo filosofico, Dante è l’emblema del
pettegolezzo letterario. La Divina Commedia è la
più grande mistificazione della verità
letteraria, ma è anche la più grande rivincita e
vendetta che il più grande poeta del mondo si
sia preso contro i suoi nemici.
Scrive Giorgio
Manganelli nel libro “La letteratura come
menzogna” (edizione Adelphi 1986): “La
letteratura è immorale ed è immorale attenderla.
O è inutile o è velenosa. Dissacrante, perversa,
affascina e sgomenta, corrotta, impone la
coerenza sadica della sintassi; irreale, priva
di sentimenti, impone la coerenza sadica della
sintassi; irreale, priva di sentimenti, li usa
tutti. La sua coerenza nasce dall’assenza di
sincerità. Nessuno se ne allontanerà intatto”.
Nell’800 Leopardi
spettegola contro la natura, il prossimo e se
stesso. Scrive nei suoi pensieri: “Il mondo è
una bega di birbanti contro gli uomini da bene e
di vili contro i generosi”.
Dostoevskij nei
suoi romanzi e nel “Diario” smaschera la falsità
della vita condotta dagli intellettuali di Mosca
e di Pietroburgo. Una volta, all’età di 24 anni,
è capitato a lui stesso di essere oggetto di
pettegolezzo. In una serata mondana sviene
davanti ad una bellissima donna, che gli era
stata presentata da alcuni amici-nemici, che lo
odiavano per il successo avuto con il racconto
“Povera gente”. Gli amici, anziché prendersi
cura di lui, preparano una canzoncina che lo
metteva in ridicolo, passandola ad un giornale.
L’indomani nei salotti di Mosca non si parlava
d’altro.
Cesare Pavese
raccomandava alle sue amiche ed ai suoi amici di
non spettegolare sul suo suicidio. Probabilmente
prima di compiere quel gesto, in una stanza
d’albergo a Torino il 27 agosto 1950, gli era
venuto in mente che il suo libro, “Il mestiere
di vivere”, conteneva una filosofia del
pettegolezzo e che filosofica fosse la scelta di
togliersi la vita. Così finisce: “Non più
parole, un gesto, non scrivo più il mestiere di
vivere”.
I personaggi del
romanzo “La Recherche …” di Proust sono
pettegoli. Proust ridicolizza gli scrittori,
contemporanei e del passato, perché parlavano
per luoghi comuni, mentre lui si vantava di non
conoscere, perfino, la sintassi e non servirsi
della grammatica.
Ciononostante con
molta o con poca malevolenza, il pettegolezzo ha
sempre una funzione protettiva dell’io. L’io si
sente protetto dal pettegolezzo. Ma nel momento
in cui questa protezione dovesse venire a
mancare, per motivi vari, e non fosse pronto un
altro strumento di difesa dell’io, la situazione
potrebbe degenerare in una forma di follia.
Anche perché non c’è più amore. Ma chi ama
veramente il prossimo?
Nessuno dei
pettegoli, perché sono loro che vogliono essere
amati. I non pettegoli sono talmente
superficiali da ignorare il prossimo.
Sicuramente ha amato il prossimo Gesù Cristo,
morto in croce.
Ormai si parla per
sparlare. Nei giornali, come si sa, fanno
notizia le cose sgradevoli non le cose
piacevoli. Nel ventennio fascista al contrario,
per ragioni che tutti sappiamo, c’era la censura
e facevano notizia le cose belle e non quelle
brutte. Sempre spettegolando si elogia o si
disprezza qualcuno senza conoscerlo. I motivi
che possono provocare la maldicenza sono tanti:
invidia, spirito di vendetta, sadomasochismo,
frustrazione, sofferenza mal sopportata,
complesso di inferiorità, … Ognuna di queste
patologie, perché di patologie si tratta,
accompagna in particolare il pettegolezzo
calunnioso. Il pettegolezzo smascheratore, sia
pure con qualche pizzico di malvagità, non è
patologico, è fisiologico.
Dante, Leopardi,
Dostoevskij, Nietzsche, Proust, Cesare Pavese e
tanti altri sono pettegoli smascheratori.
Di solito chi ha
“pensieri indolori” (cioè che non derivano dal
dolore) e gode di ottima salute non fa
pettegolezzo. Si direbbe che sono i “pensieri
dolorosi”, per dirla con Marcel Proust, a fare
diventare pettegoli gli smascheratori. La
conversazione benevola non piace più a nessuno,
è ritenuta superficiale e non fa ridere. Si
crede che il pettegolezzo che si fa su di noi
sia più malvagio di quello che noi facciamo agli
altri.
Un letterato
francese, Antonio Rivard, ha scoperto che su 20
perone 19 parlano male di noi, l’unico che ne
parla bene lo dice malamente. Per il filosofo
austriaco Vittigensten “delle cose di cui non si
può parlare si deve tacere”. La maldicenza
danneggia chi la fa, chi la riceve e chi la
ascolta. La conversazione, che doveva essere la
cosa più bella della vita, è degenerata in
maldicenza, nell’arte di interrompersi a
vicenda. Scrive Massimo Bontenpelli: “Conversare
è entrare nel solco di ciò che ha detto l’altro
e di qui proseguire per un tratto o perfezionare
quel solco”.
Quello che il
filosofo inglese Thomas Hobbes scrisse nel 1600
“l’uomo è lupo per l’altro uomo”, oggi è valido
più che mai. Il pettegolezzo è odio mascherato.
Con la morte della vera morale il pettegolezzo
continua a fare strage di quelle poche persone
buone che sono rimaste. La gente pettegola è
quasi sempre creduta. I pochi ingenui che
credono alle parole che ascoltano senza
aspettare i fatti, anche se i fatti dicono il
contrario, continueranno a credere alle parole
del pettegolo. Il pettegolo calunnioso può
uccidere persone innocenti, anche se poi il male
ritorna al calunniatore. E’ questa forse una
delle ragioni per cui Goethe consigliava di non
agire contro il pettegolezzo calunniatore.
Afferma Goethe: “ Molte falsità si smentiscono
da sole”.
I giovani hanno
gran paura di vivere. Per questo si rifugiano
nelle discoteche, nella droga e nell’alcol. Gli
adulti e gli anziani trovano conforto nello
spettegolare. Quel che manca in generale agli
uni e agli altri è l’esperienza della sofferenza
e della solitudine.
Il filosofo Pascal
in uno dei suoi pensieri scrisse che abbiamo
disimparato a stare in casa. Era il 1600.
Figuriamoci cosa avrebbe detto oggi che tutti
vogliono uscire di casa. Il CENSIS recentemente
ha comunicato i risultati del suo rapporto sugli
italiani. Dal sondaggio, secondo il sociologo
Giuseppe De Rita, curatore e responsabile
dell’inchiesta, è emerso che la nostra è una
società che chiacchiera tanto senza riuscire a
trovare una direzione di marcia. Il Cardinale
Tonini, commentando il rapporto del CENSIS, ha
fatto suo un pensiero di Platone dicendo che è
venuto il tempo in cui c’è bisogno di filosofi.
In arresa che
l’introiezione prevalga sulla proiezione, è bene
considerare il pettegolezzo come gioco, gioco
della verità. Le parole perderanno il loro
valore e significato, cesseranno di essere
trappole. E la risata ci salverà. |