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Per essere
autentico deve avere quattro requisiti: essere
stato impastato con lo strutto migliore, fritto
nell’identico condimento, servito caldo e
spolverizzato di zucchero a velo. Il tocco
finale, per il quale un goloso esigente non
accetterà mai la minima variante, è il ripieno,
obbligatoriamente la marmellata d’albicocche.
Ogni altra concessione è bandita: dalla
diffusissima crema inglese alle varianti al
cioccolato che fanno arricciare il naso ai
pasticceri raffinati. Qualcuno, più indulgente,
transige sulla panna montata, ma solo perchè ad
ammetterla sono gli stessi austriaci, gli
"inventori" del krapfen. Proprio in Austria,
esattamente nei pressi di Graz, il capoluogo
della Stiria noto come "la città nel verde" per
la sua splendida posizione sulla Mur, è nato già
nel |
‘600 il fragrante
dolce ripieno, conosciuto anche in Baviera, come
"Faschingsk krapfen auf Grazer art", "dolce di
Carnevale alla moda di Graz".
L’origine, dunque,
è collegata alle feste di Carnevale, quando i
krapfen erano fritti e venduti nelle strade. E
il nome? Perchè krapfen? Non esistono certezze.
Qualcuno lo fa risalire a quello di un villaggio
vicino a Graz, i cui abitanti avrebbero gustato
per primi questa "frittella" che non somiglia a
nessun’altra. Altri sostengono che Krapfen fosse
il nome di un farmacista: come tutti i suoi
colleghi nell’Austria del XVII secolo, egli
univa alle conoscenze di farmacopea anche quelle
di pasticceria. Sarebbe lui, dunque, l'inventore
del "bombolone" austriaco e, in questo caso,
l’origine risalirebbe certamente al ‘600, perchè
successivamente un editto impedì ai farmacisti
di dedicarsi contemporaneamente all'arte della
pasticceria.
Molti, posti di
fronte all'alternativa tra unguenti balsamici e
tisane o torte e creme, scelsero saggiamente
queste ultime.
Il krapfen,
dunque, è vecchio di secoli. Da Graz fu presto
esportato a Vienna, raffinata capitale
dell'Impero e culla della Sachertorte,
suscitando gli entusiasmi di aristocratici e
borghesi. Da qui si diffuse poi nel
Lombardo-Veneto e soprattutto in Trentino. È
naturale, quindi, che nei centri dolomitici si
mangino ancora oggi degli ottimi krapfen, forse
i migliori che si possono trovare in Italia.
Fatta eccezione, naturalmente, per un paio di
pasticcerie milanesi specializzate in dolci
austriaci e per qualche forno dall’aria
casalinga che si trova ancora a Modena.
Perché Modena? La
spiegazione è semplice. Questa città è stata per
circa due secoli e mezzo capitale di un Ducato e
dalla Restaurazione in poi dopo l’invasione
napoleonica in Italia, fu governata ancora dagli
Estensi, ma dal loro ramo asburgico. Fu per
questa ragione che a corte giunsero molti cuochi
e pasticcieri importati dalla Mitteleuropa. È
probabile che uno di questi abbia portato sulla
tavola ducale il dolce di Graz. Dal palazzo, la
ricetta del krapfen è poi facilmente uscita per
giungere sino nelle case dei borghesi modenesi.
Questi, però, hanno trasformato sia la natura
del dolce sia lo stesso nome. Al posto della
marmellata d¹albicocche usano la crema
pasticciera e il nome è divenuto quello meno
gutturale di “crafen”.
La ricetta
autentica fa appello a ingredienti essenziali:
la farina, il lievito, il latte, le uova, lo
zucchero, un pizzico di limone, un po’ di sale,
lo strutto (ma anche in Germania e in Austria
ora è ammesso l’olio extravergine d’oliva) e il
ripieno di marmellata. Il segreto, va da sè, sta
nel cambiare continuamente l’olio di frittura
che deve essere sempre nuovo e bollente. I
puristi storcono il naso, sdegnati all’ipotesi
dei krapfen fritti nell’olio. Assicurano che
l’ideale è lo strutto, ma come si fa a
formalizzarsi, quando in giro si vedono dei
prodotti industriali cotti in forno, magari col
ripieno di cioccolata, e con bene in vista la
scritta "krapfen"? La differenza tra un vero
krapfen e i vari dolci fritti ("bomboloni" a
Rimini o "bombe alla crema" a Roma) è evidente
anche per il palato meno sofisticato. Il krapfen
non deve mai essere farcito dopo la cottura,
perchè se la marmellata è "siringata" dopo che
il dolce è stato fritto, il gusto della
confettura non si trasmette a tutta la pasta, ma
solo alla parte che la siringa è riuscita a
raggiungere. Il secondo elemento in grado di
mettere in guardia dai "finti" krapfen è lo
zucchero. Deve essere in polvere, mai semolato.
Solo così si sparge uniformemente su tutta la
superficie del dolce ancora caldo. Oggi, però, i
krapfen sono venduti freddi e vecchiotti,
prodotti in catena industriale. E del vero dolce
austriaco, purtroppo, mantengono soltanto il
nome.
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