I piatti delle
varie province siciliane, sia quelli raffinati
che quelli popolari e contadini, rispecchiano
gli usi alimentari dei diversi popoli che nei
secoli si sono avvicendati sull’Isola. In
Sicilia la cucina è arte antica e rappresenta
l’amalgama perfetto delle influenze delle
diverse culture che vi approdarono da ogni
angolo del Mediterraneo. La tavola resta il
luogo d’introspezione delle diverse civiltà. Una
chiave di lettura per ogni provincia: ne
racconta storia e civiltà, influenze, miserie e
opulenze. Prodotti della terra che vengono da
ricchi feudi o pietraie arse dal sole, da coste
benedette dal mare o dolci colline ricche di
frutti e verdure. Siete nel regno dei sapori e
non vi resta che gustarvi la Sicilia.
A titolo di cadeau
abbiamo aggiunto una ricetta tipica per ogni
capitolo. E’ un nostro piccolo omaggio a quelle
donne che le inventarono. Chissà quando.
CALTANISSETTA ED ENNA
Sono terre queste
che odorano di zolfo. E’ l’entroterra della
Sicilia dove è nata l’agricoltura. Non per nulla
qui si onorò Demetra e sua figlia Persefone che
si riciclarono nei culti di diverse Madonne.
Terre considerate per secoli, il granaio
d’Italia. E’ pure zona di pastorizia antica:
pecore e capre portate in giro da un pascolo
all’altro, come una volta. La cucina di queste
parti è fatta di piatti semplici, essenziali
giacché si rifà a quella pastorale e contadina
più antica dell’Isola.
Sono dominanti il
grano duro ed il riso. Servono per i cavateddi
di farina e acqua, conditi di sugo o fave e
piselli. O per la pasta alla “milanisa” che di
Milano ha solo l’aggettivo: ci sono acciughe
sciolte nell’olio con l’aglio soffritto e tanto
pangrattato abbrustolito. O anche per le
“fruatte” che nell’ennese assumono la erre che
non hanno a Caltanissetta. Sono pizze con
acciuga e cipolla, oppure con olio e pecorino o
ancora con frittole di maiale. In genere si
fanno cuocere accanto alla brace in un angolo
del forno, dopo che si è cotto il pane.
Delicata minestra è il “maccu” di fave,
profumato non solo di olio d’oliva, ma pure di
finocchietto. Racconta il mito che con il macco
fu nutrito Ercole da bambino: con ottimi
risultati evidentemente...
La “frascatula” è
una polentina di semola di grano duro che da
queste parti si coniuga spesso con le verdure.
Tante le minestre
contadine con cereali e pure patate e peperoni,
broccoli e certe verdure selvatiche che ancora
qualcuno si premura a raccogliere. Quand’è tempo
ci sono pure i funghi di “ferra” assai
esuberanti che si servono in umido, arrostiti o
per condire riso e pasta. Rinomati sono i
carciofi di Niscemi, le fave di Leonforte e le
pesche di Mazzarino.
Tanti formaggi di
pecora, naturalmente. Ma non trascurate il
“piacentino”, un pecorino dal colore giallo
intenso per la presenza dello zafferano. C’entra
Piacenza? No. E’ solo cacio che “piace”....
Veniamo al riso.
C’è la ciambella di riso, le arancine di riso e
ricotta e quelle più tipiche dell’ennese con
pecorino, latte, ventrigli e fegatini di pollo,
carne di vitello tritata, noce moscata, vino
bianco. Un vero peccato di gola sono le “ganeffe”:
piccole arancine di riso non più grandi di una
noce, immerse in un brodo ristretto odoroso di
zafferano e prezzemolo. Una vera delizia
orientale che resiste soltanto nelle case. Mai
trovate nei menu dei ristoranti.
E poi la pasta
fresca fatta in casa, con il sugo di maiale. Ma
non disdegnatela con la ricotta di pecora appena
diluita nel suo siero, una spolverata di
pecorino e tanto pepe nero. A Piazza Armerina
regalatevi la pasta con la ricotta, con la polpa
di manzo e la ricotta, gratinata al forno. La
pasta si prepara pure con tante verdure, erbette
selvatiche o magari solo con un profumato filo
d’olio d’oliva e una lieve spolverata di
pecorino stagionato. C’è pure la versione con
l’olio d’oliva, il basilico e la menta. Da non
perdere.
I secondi sono
dominati dalla pastorizia: agnello, capretto e
il solito maiale contadino. Aspettatevi, quindi,
tanta salsiccia, insaccati, braciole di agnello
alla brace e tanto capretto e agnello al forno.
Quando sentite parlare di “ciarbidduzzu”
sappiate che di capretto di latte si tratta!
A ricordo di
antiche cacce si onora ancora il coniglio in
agrodolce o al ragù. La cucina più antica
riserva piatti da gourmet come le polpettine di
uova con la mentuccia, e il “pane d’uovo” con
pomodoro e avanzi di pane nero.
Nelle buone
famiglie agiate si usava offrire all’ospite un
solenne consommé di pernici detto “broru di
pirnìci” per iniziare. Le pernici residue si
davano ai cani!
Naturalmente non
c’è il pesce , ma tante acciughe e sarde salate
che accompagnarono con il pecorino il pane dei
poveracci. E l’immancabile baccalà cucinato in
tante maniere.
Vengono dal mondo
greco arcaico le “kollura”, oggi “cuddireddi”:
tradizione vuole che siano a forma di corona
perché omaggio alle castellane di Delia durante
la guerra del Vespro contro gli occupanti
angioini. A Enna non fatevi mancare i
“salireddi” delicati bocconcini che sanno di
limone, i “chitellini” di mandorle e gli
“infasciateddi” biscotti al vino cotto.
Specialità di Caltanissetta resta il torrone,
dolce che ci viene dalle comunità ebraiche
siciliane.
RICETTA
Torta di
spinaci alla ennese
2 mazzi di spinaci
Gr. 50 burro
Gr. 25 farina
Gr. 10 uva passa
Gr. 25 pecorino grattugiato
Un panino raffermo
3 uova
2 bicchieri e mezzo di latte
2 mandorle amare
un pizzico di cannella
pangrattato
un cucchiaino di zucchero
Sciogliete il
burro a fuoco dolce con poca farina. Versateci
gli spinaci, lessati e spremuti, per 5 minuti
rimestando sempre. Uniteci il panino rammollito
nel latte e lasciate sul fuoco finché bollirà.
Togliete dal fuoco e aggiungete il formaggio, la
cannella, le mandorle pestate, l’uva passa, lo
zucchero, le uova frullate ed il latte che
rimane. Mescolate bene amalgamando e poi versate
in tegame largo unto e spolverizzato con il
pangrattato. Lasciate cuocere in forno fino a
cottura.
Tratto
dalla Rubrica a cura di Luigi Farina A
tavola con l'esperto:
Gaetano Basile e la
cultura gastronomica siciliana.
dal
sito di
Gaetano Basile by
www.spaghettitaliani.com |