I piatti delle
varie province siciliane, sia quelli raffinati
che quelli popolari e contadini, rispecchiano
gli usi alimentari dei diversi popoli che nei
secoli si sono avvicendati sull’Isola. In
Sicilia la cucina è arte antica e rappresenta
l’amalgama perfetto delle influenze delle
diverse culture che vi approdarono da ogni
angolo del Mediterraneo. La tavola resta il
luogo d’introspezione delle diverse civiltà. Una
chiave di lettura per ogni provincia: ne
racconta storia e civiltà, influenze, miserie e
opulenze. Prodotti della terra che vengono da
ricchi feudi o pietraie arse dal sole, da coste
benedette dal mare o dolci colline ricche di
frutti e verdure. Siete nel regno dei sapori e
non vi resta che gustarvi la Sicilia.
A titolo di cadeau
abbiamo aggiunto una ricetta tipica per ogni
capitolo. E’ un nostro piccolo omaggio a quelle
donne che le inventarono. Chissà quando.
CATANIA
Provincia
contadina vissuta all’ombra del vulcano. Così si
rivela la provincia di Catania nella sua cucina
popolare di tradizione improntata alla massima
semplicità. L’espressione più tipica resta la
“scacciata” che vede soltanto l’olio e il sale.
In edizione più agiata è prevista la presenza di
olive o un ripieno di verdure o di formaggio.
Accanto c’è la
nobilissima città di Catania con i suoi
abitanti. Ne risente subito la cucina cittadina
perché il catanese ci mette tutta intera la sua
esuberanza, la gioia di vivere, l’allegria, il
senso dell’ospitalità. La cucina si fa allora
colorata e pure esuberante, magari barocca.
Nacquero così splendide creazioni, ricette
gustose, riproposte con fantasia nelle
bancarelle coloratissime dei mercatini delle
feste o alla “pescheria” di piazza Carlo
Alberto.
La poesia si fa
largo con i primi. Corallini con i cavoli,
quelli teneri e profumati di Acireale e le
frittole di maiale. La pasta con le zucchine
fritte, le conchiglie con la ricotta di pecora e
pepe nero sparso come formaggio, gli spaghetti
al nero di seppia, oppure ai frutti di mare. Per
arrivare a quella “pasta cc’a Norma” creata da
uno chef etneo in onore di Vincenzo Bellini. La
prima della Norma alla Scala, nel 1831, era
stata un fiasco. Deluso, Bellini era ritornato a
Catania deciso a non scrivere più una nota. Pare
che questo piatto, un’Etna fumante con tanto di
sciara di salsa di pomodoro, rocce laviche di
tocchetti di melanzane e neve di ricotta salata,
l’abbia fatto desistere. Ci aggiunse la “Casta
diva” e fu il trionfo! Un bel piatto montato,
come si dice in gergo, che andrebbe servito con
la Norma in sottofondo.
Nel catanese vi
esalterete sopratutto con i secondi. Con il
pesce in particolare, orgoglio di ogni bravo
chef. Sarago arrostito e profumato al
salmoriglio; oppure con olio e limone. Fa
impazzire il sauro fritto e sfumato all’aceto,
la mostella a brodetto, il tambarello fritto in
trance. E poi i mascolini cucinati in mille
modi: marinati, in agrodolce, alla pescatora. Le
rane a zuppetta compaiono in provincia,
sopratutto a Paternò, dove si pescano nelle
acque del Simeto.
Per la carne il
primo posto spetta allo “zuzzu” che è il nome
della gelatina di maiale. I suini da queste
parti finiscono alla brace oppure in profumate
salsicce. Le numerose mandrie di pecore
forniscono il classico arrosto di agnello o
castrato. Le interiora avvolte nella cipollina
con prezzemolo e timo si servono cotte alla
brace. C’è pure un capretto al forno farcito di
riso, prosciutto crudo, caciocavallo, uova sode
e carne di vitello... Un piatto unico che
suppone stomachi ben allenati. Per strada, una
volta, si trovava il “mauru” un’alga che si
mangiava cruda con una spruzzata di limone: oggi
è specie protetta. Non si trova più!
Come nelle Mille e
una notte, qui vi parleranno con tenerezza delle
ciliegie di Macchia, le salsicce di Linguaglossa,
le olive di Biancavilla, le fragole di Maletto,
il miele di Zafferana, i dolcetti di Santa
Venerina, le castagne dell’Etna, l’aglio di
Sant’Alfio... Ortaggi e agrumi sono prodotti
della piana di Paternò: eccellenti i rossi
tarocchi. Da non trascurare le dolcissime pesche
a tabacchiera e tutti quei funghi che crescono
nei boschi dell’Etna. I fichidindia, specialità
di San Cono, si mangiano freschi oppure in
curiose mostarde locali di antica tradizione.
In pasticceria
brilla il pistacchio di Bronte utilizzato per
dolci e gelati; ottimo come frutta secca per il
suo particolarissimo aroma.
I dolci? La
fantasia catanese si scatena: “nzuddi”, “ossa di
morto”, “bersaglieri e paste di mandorla”,
“olivette di Sant’Agata”, “mustazzoli” “cucciddati”,
“cannola”, “aceddi ccu l’ova”. Buttatevi sugli
amaretti, e quegli unici torroncini morbidi e
delicati. Come pubblicità insegna...
RICETTA
Pasta cc’a
Norma
Gr. 400 maccheroni
Gr. 100 ricotta di pecora salata grattugiata
10 pomodori maturi senza buccia e semi
una melanzana
un cucchiaio di zucchero
aglio, basilico, sale, pepe, olio d’oliva
Tagliate la
melanzana a tocchetti senza togliere la buccia.
Preparate una salsa mettendo in padella il
pomodoro a pezzetti con il sale e facendo
cuocere a fuoco lento per dieci minuti;
aggiungete l’aglio schiacciato, il pepe, lo
zucchero, l’olio; mescolate di tanto in tanto e
lasciate cuocere fino a quando la salsa sarà
ristretta. Fate friggere i tocchetti di
melanzana e scolate bene per eliminare l’olio di
frittura in eccesso. Una volta cotti i
maccheroni condite con metà della salsa
mescolando bene. Disponete, quindi, nel piatto
di portata coprendo con salsa, ricotta salata e
melanzane. Dopo, spolverate con ciò che resta
della ricotta e mettete abbondante basilico
spezzato con le dita.
Tratto
dalla Rubrica a cura di Luigi Farina A
tavola con l'esperto:
Gaetano Basile e la
cultura gastronomica siciliana.
dal
sito di
Gaetano Basile by
www.spaghettitaliani.com |