introduzione e
indici
Le
Panellerie di Palermo
intervista ad
Antonino Lelio Proprietario (in pensione)
della Antica Panelleria da Nino di
Palermo
Antica
Panelleria da Nino
Via Oreto, 289/a - Palermo
Tel: 0916163232
intervista di Luigi Farina
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La nostra
panelleria è nata con mio padre, nel 1890, in
Via Luigi Cadorna, e io l’ho seguito sin da
bambino, visto che a quei tempi non c’era la
scuola, si doveva lavorare. Le panelle, come
anche le verdure in pastella, furono portate da
noi dagli arabi. Le dosi standard che usavamo
per preparale erano 4 chili di farina di ceci, e
per ogni chilo di farina si aggiungono 3 litri
di acqua, a temperatura ambiente, per sciogliere
la farina, quindi si mette sul fuoco a cuocere,
dopo avere aggiunto un po’ di sale. A questo
punto si deve mescolare in continuazione con la
stanga di ferro, (ndr: specie di lungo
cucchiaio), all’inizio erano addetti a questa
operazione i più piccoli, però man mano che
diventa dura, ci vuole un bel po’ di forza ed
allora era il momento dei più grandi mescolarla,
altrimenti la stanga rimaneva ferma ed era lui a
muoversi, e il rischio che si correva che si
bruciava tutto. A questo punto quando è ben
stretta si toglie dal fuoco e si versa il
preparato nelle forme di legno di faggio, e a
questa operazione erano addette due persone: lo
iettature, cioè quello che versa il preparato, e
lo sfurmature, cioè quello che sforma le panelle,
appena raffreddate, prima che vengano tagliate,
tutta questa operazione va fatta nei tempi
giusti, visto che non deve raffreddare troppo
altrimenti diverta troppo dura e non è più
panella. |
Dopo aver finito
questa operazione le pentole dove si è cotta la
farina di ceci rimanevano con nel fondo una
crosta, che raschiavo con un cucchiaio,
ricavando come delle tagliatelle, che impastavo
ricavando delle specie di polpette rotonde che
friggevo, ottenendo delle rascature gustose e
croccanti. Si facevano così prima della guerra,
e in realtà allora si chiamavano i raschini,
durante il periodo della guerra, quando restava
questo fondo di farina si raschiava, si lasciava
riposare, poi si tritava, si aggiungeva cipolla,
prezzemolo e un poco di formaggio e si
preparavano a forma di piramide e poi si
friggevano. In seguito si cominciò ad aggiungere
anche un po’ di patata, o altro, visto che c’era
tanta concorrenza si ci doveva arrangiare. A
quei tempi c’erano panellari (facevano panelle,
crocchè e melanzane), sfinciari (facevano i
sfinci, a pasta crisciuta) e friggituri
(facevano oltre alle panelle e le crocchè anche
i pescetti, cicirello, neonata, …), io ero anche
un po’ sfinciaro e facevo tutte le varie verdure
a pastietta, come i carduna a pastietta (ndr:
cardi in pastella), carciofi a pastietta (ndr:
caciofii in pastella), brocculi a pastietta (ndr:
cavolfiori in pastella), sarde a pastietta (ndr:
sarde in pastella), cucuzze a pastietta (ndr:
zucchine in pastella), secondo anche le stagioni
visto che allora ogni verdura aveva il suo
tempo, non come adesso.
Passiamo adesso
alle crocchè, che a Palermo si chiamo cazzilli,
si fanno con le patate, di cui è importante la
qualità, non deve avere molti zuccheri, perché
si scurisce, noi diciamo si allampa, quando mi
arrivavano le patate, io ne tagliavo una e la
buttavo in padella per provarla, e mi accorgevo
subito se contenevano troppi zuccheri. Per fare
le crocchè si bolliscono le patate in acqua e
sale, appena cotta, si scolano, si lasciano
raffreddare e si sbucciano, poi si macinavano,
si aggiungeva prezzemolo e un po’ di sale,
quindi si preparavano le crocchè da friggere.
Secondo il periodo dell’anno le patate che
arrivano sono diverse, quelle italiane vengono
prodotte nel periodo estivo, quindi le nostrane
si trovano solo in estate, e sono le migliori
per fare le crocchè, in altri periodi dell’anno
arrivano le francesi o le olandesi, anche se si
deve stare sempre attenti perché spesso arrivano
immischiate ad altri tipi di patate meno buone,
c’è stato un periodo che arrivavano solo le
francesi, che avevano il problema che erano
scure, allora dovevo scendere le crocchè a metà
cottura altrimenti diventavano nere, tutto ciò
perché contenevano molto zucchero.
Una volta un mio
fornitore mi portò una patata che proveniva
dalla Jugoslavia, che era di colore rosso. Io
non volevo nemmeno provarle e gli dissi come si
dice qui: “Va iettale!”, ma lui insisteva
dicendomi: “Assa i pruova!”, avevava fiutato
l’affare visto che c’era un grossista che ne
aveva un carico a Villabate, che non riusciva a
venderle, e le dava a 5.000 lire al sacco (ndr:
un sacco = 25 Kg), mentre il prezzo corrente di
mercato era 30.000 lire. Li ho provate ed è
riuscita benissimo, usciva bianca, come serve
per le crocchè, allora li acquistai tutti e 150
sacchi, c’erano patate dappertutto, tanto che
gli ultimi 10 sacchi non c’erano dove metterli e
li
mandai ad un mio cugino che faceva il panellaro
pure lui. Ho rischiato, ma mi riuscì bene, e
feci un grande affare, visto che ho risparmiato
25.000 lire a sacco.
Antonino Lelio
prepara un panino davanti al banco della
panelleria
Panelle e Crocchè
ancora da friggere |
Rascature |
Carciofi in
pastella |
Cardi in pastella |
Broccoli
(cavolfiore) in pastella |
Il figlio di Nino,
Francesco, che segue la tradizione di famiglia |
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