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News da Palermo |
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14 Luglio - Palermo - 380° Festino di Santa Rosalia - il racconto. |
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IL RACCONTO DELLA NOTTE DEL 14 LUGLIO
i numeri del festino - la colonna sonora
1° QUADRO - Piano del Palazzo Reale La scena è buia. Un canto struggente si leva dall’oscurità. Sulla facciata del Palazzo Reale sono proiettati i titoli di testa dello spettacolo. Alla musica si sovrappone la voce fuori campo del Narratore che presenta la Palermo del 1624, vivace e cosmopolita, nell’attesa dell’arrivo del pittore Anton Van Dyck, incaricato di ritrarre il viceré Emanuele Filiberto. Una teoria di grandi vele, su cui si sviluppa un suggestivo gioco di luci, simboleggia la nave su cui sta viaggiando Van Dyck, al termine del lungo percorso che da Genova lo porta a Palermo. Come se annotasse sul proprio taccuino gli appunti di viaggio, il pittore fiammingo si presenta al pubblico e manifesta le proprie aspettative, la voglia prorompente di ascoltare voci nuove, vedere e sentire colori e odori nuovi; il bisogno d’asciugare al sole di Sicilia l’umido della sua infanzia. La musica diventa incalzante e ritmata: si popola di voci e grida. Appare Van Dyck, con indosso gli abiti da viaggio. Alle sue spalle, il porto e una veduta della città. Davanti ai suoi occhi si rivela la bellezza di Palermo, con le sue grandi direttrici che l’attraversano da nord a sud, da est a ovest. Van Dyck già vede la salita del Cassaro, immagina il Teatro del Sole, la Cattedrale, il Palazzo Reale. Guarda Palermo come se dovesse farle un ritratto, con tutta la sensibilità e l’innocenza di un artista. Van Dyck scompare dietro la torre del Palazzo del Viceré e riappare in mezzo ai vicoli della Kalsa. Indossa abiti diversi, che indicano un passaggio di tempo. Anche la musica ha cambiato registro: adesso è più rarefatta, come sospesa in una dimensione magica, vagamente ipnotica. Davanti agli occhi del pittore si rivela l’operosità della città felice. Uomini che lavorano, donne che lavano i panni alla fontana, bambini che corrono e giocano, saltimbanchi che eseguono acrobazie in strada. Rapito da un sincero entusiasmo, Van Dyck annota tutto sul suo taccuino e gli schizzi sono proiettati sulla facciata del Palazzo Reale. Al termine della giornata, il tema musicale si dissolve e Van Dyck esce di scena. Le luci si abbassano fino a spegnersi. La notte scende sulla città. In sottofondo, lenti rintocchi di campane. Fuori campo, la voce del Narratore annuncia l’arrivo di una notte inquieta, presagio di morte. Passa la ronda. Subito dopo, un drappello di ufficiali annuncia l’arrivo del viceré. Emanuele Filiberto di Savoia è stanco e affaticato, con la mente affollata di cupi pensieri. Le notizie che riguardano il dilagare della peste gli giungono ormai da ogni parte della città. Emanuele Filiberto beve alla fontana e riflette sul senso dell’esistenza, sull’impotenza umana di fronte alla morte castigo di Dio. Come vorrebbe, il sovrano, bere il morbo come si beve un bicchiere d’acqua, ingoiarlo e farlo sparire per sempre nelle sue viscere! Non gl’importa di morire, solo vorrebbe trafiggere il contagio e salvare Palermo. Ma non può. L’indomani, 24 giugno 1624, dichiarerà infetta la città. Il viceré sale lentamente le scale del Palazzo e si ritira nei propri appartamenti. In sottofondo, la voce del Narratore annuncia l’arrivo di un mattino livido, segno di un futuro senza respiro. La scena s’illumina completamente e appare Palermo, di un bianco spettrale. Sale un vento soffocante di polvere e sabbia. Gruppi di persone vagano per la città, i monatti segnano le case, un carretto passa con un carico di cadaveri. In mezzo a loro, appare Van Dyck. Cammina verso il Palazzo del Viceré, urtando i malati e i morti. Una luce illumina con delicatezza il frontale dell’edificio in corrispondenza della sala del trono. Van Dyck sale le scale, mentre il viceré, sempre più affaticato, indossa l’armatura e si prepara a posare per il maestro fiammingo. Gradualmente si spengono le luci sulla città e s’illumina sempre più nitidamente l’interno del Palazzo, rivelando la magnificenza degli arredi e dei decori. Van Dyck lavora dietro ad una grande tela; di fronte a lui, immobile sul trono, il viceré. I due personaggi dialogano e riflettono sul senso della sciagura, sul destino degli uomini, sul bisogno di credere nel miracolo, sulla necessità di pregare. Il viceré invoca l’aiuto della Vergine Maria; la supplica di guidare la mano e le azioni di Santa Rosalia, le cui reliquie sono state da poco ritrovate sul Monte Pellegrino e sembrano essere miracolose. Dall’esterno del palazzo si leva il canto dell’Ave Maria. Lentamente, le luci nella sala del trono si abbassano e s’illumina il retro della città. Tra fumi vorticosi, attraversati da bagliori di luce, i palermitani muoiono. Emanuele Filiberto sente a poco a poco mancare l’aria. Vorrebbe lavarsi i peccati e sciogliersi nella pioggia battente del Nord. Non riesce più a stare in posa: deve chiudere gli occhi, alzarsi, togliersi l’armatura. Con fatica si solleva dal trono, con un gesto disperato si slaccia l’armatura che cade pesantemente a terra. Infine crolla, mentre Van Dick termina il quadro che renderà immortale la sua figura. Lentamente il dipinto ruota, rivelando il celebre ritratto di Emanuele Filiberto (oggi conservato a Londra, ndr). Tutte le luci in scena si spengono e rimane illuminato solo il quadro di Van Dyck. Mentre il pittore scende le scale del Palazzo, il Narratore annuncia la morte del viceré e lo smarrimento della città rimasta senza guida. «Ci vorrebbe un miracolo», esclama Van Dyck al centro della scena. «Bisognerebbe che qualcuno, dal cielo, guardasse in terra e vedesse i cumuli di morte e miseria che hanno sepolto Palermo». Ricorda che il viceré è morto pregando e invoca anch’egli la Vergine Maria. La supplica di concedere a Santa Rosalia il permesso di scendere in mezzo a loro. «Sorella Rosalia», implora, «salvaci se puoi». Il coro intona
la canzone di Santa Rosalia, mentre dall’alto del Palazzo Reale s’accende una
striscia di fuoco che attraversa la piazza e raggiunge il Carro trionfale, ora
finalmente visibile lungo il Cassaro. Un marinaio raccoglie la fiamma e accende
le candele attorno alla statua della Santa. Ora il Carro, trasportato da 60
marinai vestiti di bianco, si avvia verso la cattedrale. Il Carro trionfale arriva nei pressi della Cattedrale e si posiziona al centro della cancellata, di fronte a quello che rappresenta un lazzaretto. Il cardinale Giannettino Doria sta pregando nella cappella posta all’estrema sinistra della scena. È inginocchiato di fronte al crocefisso, il capo chino sulle mani giunte. Alcuni gradini lo dividono dal lazzaretto, dove si consuma la vita pietosa di tutti i giorni. In sottofondo, le litanie degli appestati e le voci dei medici che prescrivono inutili rimedi. Il cardinale è tormentato. Invoca una giustizia divina che sembra aver abbandonato la città. Dopo il ritrovamento delle reliquie di Santa Rosalia, si moltiplicano le voci di miracolose guarigioni. La folla crede in lei ed è determinata a portarne le spoglie in processione; i medici, invece, tacciono, convinti che il corteo diffonderebbe il contagio. Che fare? Credere o non credere? Agire? Aspettare? Su questi dubbi strazianti, il cardinale Doria si rivolge direttamente a Dio e cerca nel sacramento dell’Eucaristia, nel corpo e nel sangue di Cristo, la forza che gli manca per affrontare il male. Infine, si solleva dall’inginocchiatoio. Con un gesto deciso si scrolla dalle spalle il mantello color porpora e scende nel lazzaretto, in mezzo agli appestati. I malati gli vanno incontro, pieni di speranza. La musica si fa incalzante. Il cardinale sussulta. Ancora tormentato dai dubbi, risale sull’inginocchiatoio e si rivolge direttamente alla città, maledicendo un destino ingiusto e chiedendo l’aiuto di tutti i palermitani. Invoca nuovamente il Padre celeste e il coro risponde intonando il canto del Pater Noster. Il cardinale Doria prega e il pubblico lo segue. Tutta la piazza della Cattedrale recita il Padre Nostro, facendo da sottofondo alla voce del solista. Il cardinale Giannettino Doria scende dal pulpito e percorre di slancio il primo corridoio del lazzaretto. Si ferma di fronte al Carro e si rivolge direttamente a Santa Rosalia, a nome di tutti i palermitani. A lei ed alle altre patrone di Palermo, chiede un segno, un cenno che indichi la via verso la vita. La musica
esplode in un crescendo trionfale: quattro grandi nicchie nascoste nel Carro
ruotano ai piedi della Santa e svelano le figure di Ninfa, Cristina, Agata e
Oliva, le sante protettrici della città prima di Rosalia. Nuovamente la musica esplode in un crescendo irresistibile. Il cardinale si rivolge adesso alla città e chiede a tutti i palermitani di esprimere un segno di pace, di fratellanza, di solidarietà. Ordina che si cessi di piangere la morte e si ricominci ad amare la vita. Una terza impennata musicale scuote il pubblico, mentre centinaia di colombe bianche si alzano in volo dalle mura del lazzaretto. La musica trionfale sostiene il cardinale, mentre annuncia la salvifica processione. Percorre il secondo corridoio del lazzaretto ed esce dall’edificio. In sottofondo giunge l’eco dei tamburi che annunciano la sfilata. Il cardinale monta sul baldacchino e si pone alla testa del corteo, davanti al Carro di Santa Rosalia. La musica e il clamore della folla lo accompagnano verso i Quattro Canti di piazza Vigliena. Al centro del corteo, c’è un baldacchino di stoffa dov’è posto il trono del cardinale Giannettino Doria, circondato da 64 figuranti. Di questi, 20 sono i portatori del baldacchino, in costume barocco da valletto; 20 sono alabardieri; 4 portano il trono cardinalizio; mentre 20 chierici in tunica bianca recano turiboli d’incenso. Precedono il
corteo 10 suonatori di tamburo, anch’essi in costume d’epoca, che eseguono
musiche tradizionali del Festino. Archi trionfali in legno racchiudono l’ottagono dei Quattro Canti, mentre le quattro pareti monumentali sono coperte da teli di tulle, che permettono sia di mostrare le sculture in trasparenza, sia di diventare schermo per proiezioni e giochi di luce. Il Carro trionfale si ferma al centro della piazza; e mentre dai balconi cade una pioggia di petali di rosa, il Sindaco, come tradizione, sale sul Carro e depone un mazzo di fiori ai piedi della Santa, gridando: Viva Palermo, Viva Santa Rosalia. Dai Quattro
Canti, il corteo e il Carro riprendono il loro percorso lungo il Cassaro,
illuminato da torce e padelle romane, e decorato da drappi rossi che scendono
dai balconi. Il Carro passa quindi sotto Porta Felice. Subito dopo, iniziano gli sfavillanti giochi pirotecnici dal mare, che chiudono la festa. Quest’anno, il Comune organizza il “1° Palio di Santa Rosalia” di arti pirotecniche, curato da “La Rosa Fireworks srl”: tre scuole di fuochisti si alterneranno al Foro italico proponendo altrettanti spettacoli pirotecnici. Ciascuna scuola proporrà i propri fuochi, per la durata complessiva di circa 45 minuti. Al termine del Palio, si svolgerà uno spettacolo piromusicale, concerto per fuochi d’artificio su musiche barocche, della durata di mezz’ora. Infine, gran finale ancora con fuochi pirotecnici e tradizionale masculiata.
TUTTI I NUMERI DEL FESTINO IN ONORE DI SANTA ROSALIA FRA COMPARSE, COSTUMI, SCENOGRAFIE E FONTI BIBLIOGRAFICHE Quasi un’ora e mezza di fuochi pirotecnici concluderanno lo spettacolo della notte del 14 luglio. Il 380° Festino di Santa Rosalia sarà ricordato anche per i grandi numeri: sono, infatti, 220 le comparse che partecipano al grande spettacolo di domani notte. Quasi duecento le maestranze che partecipano all’allestimento e all’organizzazione dell’evento sul Cassaro. Dodici i cantanti dal vivo che si esibiranno durante i “quadri” teatralizzati. Quattro gli attori protagonisti, che interpreteranno i personaggi del Festino. Cento i tecnici specializzati nel backstage (fra costumisti, tecnici audio, luci, parrucche e truccatori). E ancora, 780 i metri quadrati di scenografie, trecento i corpi illuminanti e 3000 le padelle romane che verranno dislocate lungo il percorso del corteo trionfale. 240 i costumi che saranno utilizzati per il grande spettacolo teatrale sul piano del Palazzo reale e su quello della Cattedrale. Dieci telecamere seguiranno il corteo e le varie fasi della teatralizzazione, coordinate da due regie mobili. 75 mila i pieghevoli in distribuzione e 25 mila le brochure con il racconto del Festino. Dieci i giorni di prove. Sessanta, infine, le fonti bibliografiche consultate per la realizzazione della sceneggiatura.
LA
COLONNA SONORA DEL 380° FESTINO DI SANTA ROSALIA
UN’OPERA IN MUSICA COMPOSTA DA MARIO SAROGLIA Saroglia ha concepito la musica del Festino come un’opera moderna, originale, di grande impatto emotivo, ricca di suggestioni sonore prese a prestito da tutti i generi musicali e impreziosita dal contributo di artisti provenienti dalla scena palermitana e dal resto d’Italia. L’opera viene cantata su una base pre-registrata. I cantanti del
Festino sono Angela Baggi, Ranieri Di Biagio, Sara Cappello, Mario Incudine,
Francesco Luconi, Benito Madonia, Luisa Mauro, Paola Milzani, Valeria Milazzo,
Laura Mollica, Sagì Reitan, Elisa Rosselli, Antonio Tarantino, e Letizia Turrà.
I musicisti sono Francesco Luconi (fiati), Mario Incudine (tammorra e bouzouki),
Marco Decimo (violoncello), Yair Karelic, Luca Marcello e Alex Bottoni
(percussioni), Yair Karelic (chitarra classica). In scena anche la vocalist
Patrizia Conte.
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