Grace
Jeff Buckley
1994
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1. |
Mojo Pin |
2. |
Grace |
3. |
Last Goodbye |
4. |
Lilac Wine |
5. |
So Real |
6. |
Hallelujah |
7. |
Lover, You Should've Come
Over |
8. |
Corpus Christi Carol |
9. |
Eternal Life |
10. |
Dream Brother |
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Riascoltato per voi
da
Simone Trimarco
19/12/2005 |
i vostri commenti
Quando Jeff
Buckley sparì per sempre tra le onde di un
fiume, portando con se il mistero che si
nascondeva nella sua voce incorporea e nel suo
sguardo sfuggente, aveva pubblicato un solo
disco. Una manciata di canzoni fragili e
delicate, composte di sensazioni istantanee
perfettamente accostate come una nube che
avvolge lentamente chi le ascolta, lo abbraccia
e lo tiene per un po’ in contemplazione di una
malinconia soffusa ed inafferrabile.
Difficile da
incatenare ad un genere, difficile da sciogliere
alla ricerca di un messaggio nascosto che non
prenda forma nel mondo dei sentimenti, o nel
tentativo di ritrovare le radici di una
musicalità personalissima eppure in grado di
esprimere, come poche altre, lo spirito dolente
e rassegnato di una generazione piegata da una
sofferenza priva di logica ed origine, e per
questo ancora più acuta ed insensata.
La voce morbida di
Jeff si muove per tutto il disco in un percorso
complesso e vario, seguendo arrangiamenti che
delineano il percorso armonico in una coralità
che raramente predilige uno strumento ad un
altro, posandosi spesso su cadenze originali. I
rapporti stridenti fra accordi atipici sono
ricuciti con “grazia” dalla trama melodica dolce
ed imprevedibile.
I testi delle
canzoni sono incredibilmente in grado di non
banalizzare mai i contenuti complessi della
musica, non posandosi mai su argomenti tipici
del rock ma mantenendosi al di sopra di ogni
tentativo d’espressione concettuale. Le parole
riescono sempre a creare immagini e suscitare
emozioni, non ancorando mai il disco a tematiche
pratiche e materiali ma lasciando lo spirito
dell’opera libero di volare in un mondo di
pensieri ed emozioni incostanti. Anche quando si
delineano amore o abbandono, l’analisi resta
lontana da ogni riferimento al mondo esterno, ma
composta solo da immagini e sogni.
Oltre a sette
canzoni originali il disco ospita tre bellissime
cover, riempite di quel brivido leggero e dolce
che l’abilità unica ed originalissima di Jeff
sapeva donare ad ogni pezzo. Un inchino va
dedicato alla meravigliosa "halleluja", una
canzone già di per sé così densa di emozioni,
splendida nel testo e nella musica, familiare e
perfetta. La versione che si trova in "Grace"
commuove, esalta, colpisce al cuore chi
l’ascolta; una voce ricca di sfumature ed un
estro musicale fuori dal comune integrano
perfettamente un pezzo di oltre 40 anni fa nel
mondo musicale degli anni ’90, arricchendolo di
tutte quelle sfaccettature che la complessa
sensibilità musicale di fine millennio
richiedeva.
"Grace" è un disco
unico che ci immerge in un percorso intimo e
ricco di sfumature, ci coinvolge e, a volte,
travolge con la sua eleganza ed intensità,
lasciando senza fiato.
Un disco
indimenticabile e forse reso ancora più perfetto
da quel senso di incompletezza che la morte
prematura di Jeff Buckley gli conferisce. "Grace"
è un momento, un istante della storia del rock
fragile perché appena delineato, e per questo in
grado di darci la possibilità di condividerne
l’inquietudine e il mistero.
Simone Trimarco
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