Nel 1972 quattro
ragazzi bianchi formarono a Woodstook (New York) i Kane Bros Blues Band, due di
questi erano i giovani fratelli Antony (voce e armonica) e Jonathan Kane
(batteria). In breve il gruppo si affermò in America con il loro stile che
sprigionava grande energia blues e furono considerati la migliore blues band
emergente, tanto da essere ingaggiati come supporter di alcune tra le leggende
del blues americano di quei tempi come Muddy Waters, James Cotton e Willie Dixon.
Dopo cinque
anni, nel 1977 il gruppo si sciolse. Jonathan si trasferì a New York e registrò
40 dischi da solista, girando tutto il mondo con LaMonte Young, Gary Luca’s Gods
e Monster’s, diventò anche membro fondatore della leggendaria rock band degli
Swans. Antony arrivò a Chicago e cominciò a inserirsi nella scena del blues
elettrico collaborando con personaggi quali Junior Wells, Sam Lay e Luther
Tucker.
Nel 2002 i due
fratelli Kane si riuniscono e riformano il gruppo insieme a Josh Colow e John
King alla chitarra e Ray Ploutz al basso. Il loro blues, sfruttando le loro
esperienze, ha oggi molta più energia e consapevolezza nei loro mezzi, e si
ascolta con molto piacere.
Dopo aver girato
per tutto il mondo (sono venuti pure un paio di volte in Italia), alla fine
dello scorso anno escono con un loro CD, che prende il nome del gruppo, dove
riportano la loro voglia di fare blues, di divertirsi e di far divertire, non
uscendo molto dai canoni classici, ma con un’esecuzione degna di nota, dove
spiccano la base armonica di Jonathan, molto pulita, ma energica nello stesso
tempo, la chitarra di Josh Colow, sempre a buoni livelli, con assoli e fraseggi
puliti, ed Antony che spesso si erge a protagonista sia con la sua voce che con
l’armonica. Un disco che è quasi un “live”, sarà sicuramente molto apprezzato
soprattutto dagli amanti del genere.
Dodici brani
eseguiti con grinta, ma nello stesso tempo con buona tecnica, si ascoltano tutti
di un fiato e ti fanno venire tanta voglia di ascoltarli dal vivo, diventando
alla fine un tributo al blues e ai suoi grandi interpreti del passato.
Si inizia con
Off the Wall di Walter Jacobs, dove è subito protagonista l’armonica
di Antony e la batteria di Jonathan che impone la sua ritmica e offre tutto il
suo talento ai suoi compagni di viaggio, come in tutto l’album. Il secondo
brano, Yellow Down Easy di Willie Dixon, segue sempre con più
grinta la falsa riga del brano precedente, con l’armonica e la voce di Antony in primo piano.
Nel
terzo brano, Little by Little di Mel London, si impone la chitarra di Josh Colow, che prima duetta con la voce di Antony e poi si
lascia andare diventando protagonista. Nel quarto brano, Standing Around
Crying di McKinley Morganfield, si ripete il duetto chitarra voce,
con la chitarra che si trasforma in una vera e propria voce cantante con
carattere e struggente forza, a volte trascinante. Il quinto brano, Strumble
di Freddie King e Sonny Thompson, strumentale, dimostra il grande
affiatamento del gruppo con Josh sempre protagonista, con i suoi fraseggi
puliti. Nel sesto brano, Racket 88 di Jackie Brenston, torna
protagonista Anthony alternando la voce all’armonica, che spesso diventa
trascinante. Il settimo brano, Going Back to luka di Don Nix,
vede protagonista Josh Calow, sia con la chitarra che con la voce, con tanta
grinta, dando al brano una veste rock. Nell’ottavo brano, I Just Wont to Make Love
to you di Willie Dixon, il gruppo esegue questo classico del blues
con grinta e forza, spicca fra tutti la batteria di Jonathan che diventa spesso
protagonista nei fraseggi con l’armonica del fratello. Il nono brano, Side
Tracked di Freddie King e Sonny Thompson, strumentale, vede un
duetto interessante fra i due chitarristi. Il decimo brano, Gone and left me di
Walter Jacobs, torna protagonista la voce e l’armonica di Antony. L’undicesimo
brano, How Many More Years di Chester Burnett, la chitarra di Josh
torna prima a fraseggiare con la voce di Antony e poi da protagonista con il
basso di Ray Ploutz che lo accompagna nelle sue frasi crescenti, alternandosi
anche con l’altra chitarra di John King. Il dodicesimo brano, il classico
Flip, Flop and Fly di C. Calhoun e W. Turner, chiude il disco
con allegria e con tanta voglia di lasciare l’ascoltatore con questo che sembra
(io mi auguro che sia) un arrivederci in un crescendo in cui tutti diventano
protagonisti alternandosi in questo saluto.
Se vi capiterà
di vedere in cartellone un loro concerto non esitate, andate ad ascoltarli per
godere della loro musica, non ve ne pentirete.
Luigi Farina
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