CCP Agricantus
e
presentano la
rassegna
new thing
immagini del suono
curata da:
Fabio Caronna
Questa mattina
presso i locali del Teatro Agricantus di Palermo
è stata presentata la rassegna New Thing,
che dal 30 Novembre al 5 Maggio vedrà alternarsi
alcuni artisti, più o meno affermati o
conosciuti, che stanno caratterizzando la musica
dei giorni nostri con nuove proposte come il duo
Wayne Horvitz e Robin Holcomb che
apre la rassegna il 30 Novembre, o Tim Berne
che si esibirà il 3 Marzo, o Matthew Shipp
che si esibirà l'8 Marzo, per non dimenticare
gli Oregon, ormai da troppo tempo lontani
dalla scena palermitana.
Sarà questa
un'occasione da non perdere per vedere sul palco
degli artisti che solitamente non calcano i
palcoscenici della nostra città, e per ascoltare
alcune delle proposte più interessanti che offre
la musica oggi lontana dai soliti circuiti, ma
sicuramente molto più interessanti.
Luigi Farina
Con la rassegna
New Thing l’Associazione Musiche e l’Agricantus
propongono un ciclo di concerti in sintonia con
alcune tendenze della musica d’oggi, presentando
artisti che, in qualche caso non ancora molto
conosciuti in Italia, all’estero godono già di
grande considerazione.
Si parte il 30
novembre con il duo Wayne Horvitz e Robin
Holcomb “Double Solos”, il primo
raffinato tastierista, collaboratore di numerosi
artisti anche in veste di produttore tra cui il
noto chitarrista Bill Frisell, John Zorn e Carla
Bley, ma ha anche collaborazioni con importanti
artisti di musica contemporanea come il Kronos
Quartet. Mentre la Holcomb è una pianista e
cantante nella quale si incontrano influenze ben
diverse, da Cohen a Satie.
Segue il 9
dicembre Bugge Wesseltoft, tra gli
esponenti di punta del nuovo jazz norvegese e
che proprio di recente ha pubblicato il cd “film’ing”.
Per la prima volta a Palermo il tastierista è
preceduto da una fama come audace costruttore di
atmosfere particolarmente affascinanti.
Il 27 gennaio
il duo Girotto & Biondini. Il primo è un
sassofonista argentino, il secondo, italiano,
suona l’accordeon creando un suono legato ai
suoni del mondo argentino. La loro musica mostra
come il jazz oggi è senza confini e vi si
possano inserire anche atmosfere tipicamente
argentine.
Un gruppo italiano
che si differenzia nettamente dal panorama
musicale nostrano gli Yo Yo Mundi il
17 febbraio. La band sta avendo un notevole
successo internazionale sia per avere proposto
una colonna sonora del film Sciopero di
Eisenstein sia per aver musicato “54” un libro
di Wu Ming.
Il 3 marzo
Tim Berne Acoustic Hard Cell,
sassofonista che, dopo un notevole successo
internazionale di una diecina di anni fa,
continua ad eseguire una musica intensa ed
attuale lontano dalle grandi etichette
discografiche.
Appuntamento l’8
marzo con il trio di Matthew Shipp,
pianista tra i migliori in circolazione, capace
di far convivere il suono acustico e quello
elettrico. Musicista che ha ottenuto in tutto il
mondo recensioni positive per i suoi concerti.
Gruppo in attività
da più di trenta anni gli Oregon in
concerto l’1 aprile, divenuto una vera
cult-band. Tra i primi ad avere fuso sonorità
occidentali ed orientali, creando un suono
realmente unico (e subendo per questo feroci
critiche) ancora oggi riescono a presentare un
suono fresco ed attraente.
Protagonista il
5 maggio il pianista Anthony Davis,
per quanto poco noto in Italia, musicista autore
di dischi e concerti degli anni settanta ed
ottanta. Particolarmente famoso il suo quartetto
con James Newton che stupì tutta l’Europa alla
metà degli anni settanta.
Fabio Caronna
Pare che negli
ultimi tempi la discussione sul jazz si sia un
po’ incartata, almeno in città.
Si discute di
fondazioni, finanziamenti, scuole, spazi. Il
piano scelto è tutto istituzionale, si insegue
la classica nel suo modello produttivo.
Operatori e musicisti almeno in questo uniti: si
vuol fare del jazz un genere classico
contemporaneo. Non che tutto ciò sia privo di
interesse o addirittura illeggittimo, per
carità! Nessuno,oggi, può dispensare patenti di
legittimità.
Il fatto è che il
jazz ha molto a che fare con la vita (l’ultimo
Wu Ming 1 ci spazzola la memoria nel caso). E
come ogni vita che val la pena di essere vissuta
esso possiede un surplus di passione, di
voluttà, slancio utopico e, direi soprattutto,
di creativo disordine. Senza questi elementi si
piomba nel regno totalizzante del mainstream,
della normalità ottundente. Se si ha del jazz
una visione, diciamo così, da albero
genealogico, se cioè lo si vede come periodico
susseguirsi di sotto- generi al suo interno con
relative ramificazioni,divaricazioni,
ricongiungimenti e via sproloquiando gli anni
’70 rappresentano una sorta di canto del cigno
poiché proprio con il cosiddetto movimento
“free” il jazz fagocita se stesso, dissolve la
sua forma, ripristina una formula. Gli ultimi 30
anni costituiscono, secondo questa lettura, un
enorme buco nero nel quale si è lavorato
sostanzialmente per ristabilire l’ordine. Se
invece si valorizza il piano dell’ intensità
emotiva, della passione devastante,
dell’esperienza bruciante il quadro della
rappresentazione muta completamente e ciò che
sembrava irrimediabilmente “superato” ci si
presenta con la dirompenza di domande cui
occorre dare risposte.
La rassegna “New
Thing” non aspira naturalmente a tanto. Siamo
però consapevoli di un’esigenza: l’insostenibile
condizione del presente – qui non si fa tanta
distinzione fra arte e vita – ha bisogno di una
radicalità rinnovata. Una radicalità che questa
volta non faccia a pugni presuntuosamente con la
capacità e con la voglia di comunicare. Ansia di
ricerca e vitalità macinano insiema sfuggendo le
secche costrittive dell’attualità a favore di
suoni e visioni produttivi di certa amabile
inquietudine.
A rigore non si
richiede alcuno sforzo né si propone alcuna
contaminazione, termine passe-partout che ha
coperto vere e proprie nefandezze. Ci piace
pensarci pienamente in un universo “pop” nel
senso pieno di popular, suoni che rispondono ad
una esigeza espressiva profonda, di un popolo a
venire, certo, di cui però si scorgono i
contorni e si tenta di eleborare i bisogni.
Questo ci pare il nostro compito: produrre
tagli, squarci nel presente che ognuno potrà
elaborare a piacere. Un presente caotico e
complesso, per questo tanto affascinante, che,
ad avere occhi e orecchie giusti per scrutarlo,
propone immagini e relativi suoni che ci fanno
pensare, che aggiungono qualcosa alle nostre
esistenze, che, in definitiva, ancora ci
eccitano.
Insomma se proprio dobbiamo trovare la cifra
della rassegna direi che sta nella sua
inattualità, intesa naturalmente come “sorpresa”
del presente e della possibilità di mutarne il
segno dominante
Enzo Macaluso
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