20/11/2019 - Stay Here My Friends: il disco d'esordio dei Wish! (con intervista e videoclip)
[c]Con un concept album sull'amicizia come baluardo debutta il quartetto romano-perugino, attivo sin dal 1992. Progressive contemporaneo cantato in inglese per un disco multiforme e accattivante Stay Here My Friends: il disco d'esordio dei Wish!
WISH
STAY HERE MY FRIENDS
(Wish Music/Cd Baby)
6 tracce | 43 minuti
«L'idea che dà origine a Stay Here My Friends è nata tre anni fa: comporre un album sull'importanza dell'amicizia come fil rouge tra passato e futuro. E' un concept tematico, anche se sviluppa nei diversi pezzi le difficoltà dell'uomo nell'affrontare gli urti della vita e, come pensiero di raccordo, quanto l'amicizia sia necessaria affinchè questi ostacoli vengano superati. Nel disco sono presenti tantissimi riferimenti ad altre sonorità, ma certamente la nostra musica nasce da questo melting pot: il prog classico associato al metal e all'alternative rock, ad esempio».
Due parole chiave sono evidenti e faranno gola ai cultori del genere: concept album e progressive-rock. E' il succo della vicenda dei Wish, formazione romano-perugina attiva dal 1992 e arrivata, dopo varie vicissitudini, al sospirato album d'esordio Stay Here My Friends. Un debutto di ispirazione concettuale, incentrato sull'amicizia come tema cardine, orientato a un progressive moderno, che si nutre di tanti riferimenti contemporanei.
Stay Here My Friends affronta il tema dell'amicizia come baluardo, racconta delle difficoltà di ogni individuo nelle scelte affettive o religiose, nel riconoscere la propria identità e il proprio ruolo nel mondo, ma anche della risorsa principale per resistere alle avversità della vita. E come sempre accade quando un album racconta una storia, la musica che la supporta è orientata al progressive. Quello dei Wish è molto vicino all'idea del new prog nato dagli anni '80, ma con un taglio personale, come riconosce la band: «Molti ci stanno dicendo che abbiamo uno stile riconoscibile, identificabile, originale. Ci fa veramente molto piacere. Prima di tutto per noi sono importanti i contenuti, i testi, il nostro modo di vedere le cose e fare musica che vogliamo condividere; poi cerchiamo la fantasia nella composizione ed una certa originalità. Non ci piace il tecnicismo sfrenato, preferiamo magari un passaggio tecnicamente semplice ma d'impatto, che non sia scontato o fine a se stesso. Pensiamo che i nostri brani abbiano tutti un filo conduttore al proprio interno, una sorta di "discorso" che ha un inizio ed una fine, un senso logico che accompagna l'ascoltatore e che, speriamo, gli faccia sempre venire la voglia di ascoltare il pezzo successivo, di riascoltare il disco tante, tante volte».
[c]Tracklist:
1 - Like a Yes 4:07
2 - Deep Wish 8:49
3 - Dancing with Myself 8:03
4 - Scrambled Eggs 6:20
5 - Church 9:03
6 - Stay Here My Friends 6:39[/c]
I Wish sono nati nel 1992 e l'idea di un concept li accompagna sin dall'inizio. La formazione si stabilizza nel 1997, il quartetto si avvicina sempre di più al progressive e dopo aver fondato il proprio studio di registrazione BbBox ed essersi assestato nell'organico, lavora all'album che diventerà Stay Here My Friends. Sei brani di prog moderno, cantato in inglese, ricco di influenze e riferimenti dovuti ai numerosi ascolti dei quattro membri: «Siamo tutti cresciuti con Pink Floyd, Genesis, King Crimson, inoltre è fondamentale citare le diverse influenze di ognuno di noi: Yes, Supertramp, ELP, Marillion, PFM, Banco, Orme, Area, ma anche Led Zeppelin, Clash, Police, CSI, Afterhours e il cantautorato italiano più florido di idee come De Andrè, Fossati. Fortunatamente c'è ancora oggi tanta buonissima musica in giro e anche molta negli anni 2000: tutti noi apprezziamo i lavori dei Dream Theater, dei Porcupine Tree e poi più recentemente i capolavori di Steven Wilson con le sue varie collaborazioni. Seguiamo con attenzione gli Opeth, i Tool, i Big Big Train. In termini di contaminazione di generi i Radiohead sono indubbiamente dei maestri, così come i primi Arcade Fire. Tra gli italiani ci piacciono molto gli ORK e i Winstons. Anche alcuni tra i migliori lavori degli ultimi due anni sono nel segno del contagio positivo tra generi musicali all'apparenza diversi, pensiamo a Sons of Kemet, Regal Worm, I Hate My Village, Childish Gambino, Flying Colors».
Stay Here My Friends è un disco significativo nel panorama del nuovo progressive italiano, perchè abbraccia passato e presente, fa sua la tradizione del genere e ipotizza nuovi risvolti, anche grafici e visivi: «Il desiderio di partenza era di realizzare un'opera nel senso più completo del termine, prima di tutto per una nostra soddisfazione, ma anche per il desiderio di creare qualcosa di bello, di concreto, di consistente. È stato quindi naturale pensare ad un packaging di qualità, ma soprattutto al coinvolgimento nel progetto di altre forme d'arte: pittura, fotografia, video making. Il progetto doveva trasmettere l'IDEA di fondo, che fosse di integrazione e di completamento rispetto alla musica e ai testi».
[c]WISH:
Piergiorgio Franceschelli, lead and backing vocals; Giorgio Simonetti, guitars, bass and backing vocals; Salvatore Patti, keyboards; Massimo Mercurio, drums.
Info:
Wish: https://www.wish-music.com/
Streaming BandCamp: https://wish-music.bandcamp.com/releases
CD Baby: https://store.cdbaby.com/cd/wish11 [/c]
[FC1/FC] BIOGRAFIA:
Il primo nucleo dei Wish nasce da un fortunato incontro nel settembre del 1992. Anche se la prima formazione non è completa, visto che mancherà un bassista stabile per alcuni anni, il gruppo si concentra su un'idea di "concept album", scrivendo brani originali, in inglese. Lo stile è difficilmente classificabile, ma più vicino ai canoni della forma canzone tipica del classic rock.
Dal 1997 la formazione si stabilizza: Mauro Biondo alla batteria, Piergiorgio Franceschelli alla voce, Salvatore Patti alle tastiere, Fabio Romagnoli al basso e Giorgio Simonetti alle chitarre. Il gruppo si orienta sempre più verso il prog, con la composizione di nuovi brani che risentono sí delle atmosfere anni '70, ma con uno stile riconoscibile nel solco del progressive rock moderno.
Gli anni passano, le famiglie reclamano spazio, il lavoro assorbe tempo, i ritmi rallentano e i progetti di realizzazione di album non si concretizzano. Proprio per motivi personali Mauro abbandona il gruppo e viene sostituito da Massimo Mercurio. Alla fine degli anni 2000 i Wish decidono di realizzare un piccolo studio, che per ragioni di peculiari risonanze viene ribattezzato BbBox. È completamente attrezzato per la registrazione e viene man mano equipaggiato con apparecchiature sempre più valide. Iniziano quindi a registrare in multitraccia quasi tutti i brani del repertorio. Fabio lascia improvvisamente il gruppo; dopo un iniziale disorientamento, decidono di portare a termine il progetto di un album. Per più di due anni la band si focalizza sulla realizzazione del primo album: nasce così Stay Here My Friends.
Il lavoro parte da un concetto essenziale: l'amicizia come vero baluardo per reggere agli urti del mondo. Il disco racconta delle difficoltà di ognuno di noi nelle scelte affettive, religiose, nel riconoscere la propria identità e il proprio ruolo nel mondo, ma anche della risorsa principale per resistere alle avversità della vita, un legame chiamato amicizia. Spaziando da timbri più acidi a sonorità più eteree, i brani si muovono all'interno di un new prog moderno, ma tutto il progetto Stay Here My Friends, dalla fotografia, al video, al progetto grafico, ruota intorno ai contrasti che ognuno di noi umanamente vive.
[FC2/FC] INTERVISTA AI WISH:
Il vostro disco d'esordio esce nell'autunno del 2019 ma i vostri inizi risalgono addirittura al 1992. All'epoca era in corso una nuova ondata progressive, parallelamente all'emersioni del prog-metal e alla riscoperta di sonorità prettamente anni '70. Un buon periodo per muovere i primi passi... Era un bellissimo periodo, durante il quale molte band hanno avuto il coraggio di proporre cose nuove con un occhio ai grandi del passato, superando qualche punto di caduta degli anni '80, ma prendendone anche il meglio. Il nostro stile è sempre stato pieno di contaminazioni e influssi, portati nel gruppo da ciascuno di noi; ovviamente il prog è il principale fattore comune tra i nostri gusti musicali ed in fondo ne è la sintesi, il compimento, ma all'inizio la nostra produzione non era così marcatamente prog, anzi alcuni dei nostri pezzi iniziali sono più vicini al classic rock. Anche in Stay Here My Friends sono presenti tantissimi riferimenti ad altre sonorità, ma certamente la nostra musica nasce da quel melting pot: il prog classico associato al metal e all'alternative rock, tanto per fare un paio di esempi.
Stay Here My Friends è il vostro debutto, ma parte da lontano. Dalla vecchia idea di un concept album dedicato all'amicizia. Sono ancora valide le idee del '92? È doveroso premettere che l'idea di un concept album è sempre stata radicata nei nostri pensieri. Venendo da un comune background prog fortemente anni '70 non poteva essere altrimenti. Quando cominciammo nel '92 l'idea di un concept era in realtà più rivolta ad un disco che avesse come tematica le dinamiche di crescita di un ragazzo e l'ambiente in cui egli diventava adulto, più che l'amicizia in sè. L'età che avevamo era quella giusta per affrontare questo argomento.
L'idea che dà origine a quello che è oggi il nostro primo album è nata invece 3 anni fa: comporre un album sull'importanza dell'amicizia come fil rouge tra passato e futuro. Si tratta di un concept tematico, anche se sviluppa nei diversi pezzi le difficoltà dell'uomo nell'affrontare gli urti della vita e, come pensiero di raccordo, quanto l'amicizia sia necessaria affinchè questi ostacoli vengano superati.
Qualche brano viene da più lontano, qualche altro è molto recente. Su quelli più datati abbiamo apportato qualche modifica stilistica per avvicinarci al modo che abbiamo oggi di pensare la musica e i testi. Pensiamo quindi che sì, siano assolutamente ancora valide quelle idee ed anzi che il mondo abbia proprio bisogno di idee, di attitudini positive, quindi crediamo che di essere al passo con i tempi. Con il tempo noi stessi siamo maturati, abbiamo avuto modo di ascoltare tantissima musica diversa e di affinare molti dettagli nel nostro modo di concepire musica, cosa che rende il nostro album quello che è oggi e non quello che avresti magari ascoltato tanti anni fa.
Siete una formazione dichiaratamente prog-rock, un genere amato e odiato, che riesce a sopravvivere forte e sano solo se affrontato con una rilettura personale. Che tipo di taglio danno i Wish al prog? È un taglio molto personale e molti ci stanno dicendo che abbiamo uno stile riconoscibile, identificabile, originale. Ci fa veramente molto piacere. Prima di tutto per noi sono importanti i contenuti, i testi, il nostro modo di vedere le cose e fare musica che vogliamo condividere; poi cerchiamo la fantasia nella composizione ed una certa originalità. Non ci piace il tecnicismo sfrenato, preferiamo magari un passaggio tecnicamente semplice ma d'impatto, che non sia scontato o fine a se stesso. Pensiamo che i nostri brani abbiano tutti un filo conduttore al proprio interno, una sorta di "discorso" che ha un inizio ed una fine, un senso logico che accompagna l'ascoltatore e che, speriamo, gli faccia sempre venire la voglia di ascoltare il pezzo successivo, di riascoltare il disco tante, tante volte.
Stay Here My Friends è un lavoro completo, nel quale tutto concorre alla realizzazione di un messaggio forte, dalla musica alla grafica. Ha senso, in tempi di musica liquida? Il desiderio di partenza, il nostro obiettivo, era quello di realizzare un'opera nel senso più completo del termine, prima di tutto per una nostra soddisfazione, ma anche per il desiderio di creare un qualcosa di bello, di concreto, di consistente. È stato quindi naturale pensare ad un packaging di grande qualità, ma soprattutto al coinvolgimento nel progetto di altre forme d'arte: pittura, fotografia, video making. Il progetto doveva trasmettere l'IDEA di fondo, che fosse di integrazione e di completamento rispetto alla musica e ai testi, che ovviamente sono centrali.
Oggi, è vero, il supporto fisico rappresenta qualcosa che molti considerano obsoleto, ma viceversa c'è una forte riscoperta del vinile e del piacere di toccare, osservare, apprezzare i contenuti grafici di un album. Noi, come appassionati, siamo anche collezionisti e volevamo anche soddisfare questo aspetto. Visto il riscontro avuto fino ad oggi, stiamo infatti considerando l'idea di produrre Stay Here My Friends anche in formato vinile. In fondo uno dei più bei gesti che si possano fare nella vita è mettere un vinile sul piatto per (ri)ascoltare un album. Se chi ci ascolta invece sta cliccando su "repeat track" perchè sta seguendoci in digitale, noi francamente siamo contenti lo stesso. Ci piacerebbe che chi ci segue sia portato ad aprire il nostro digipack e riguardarne i contenuti, ma la musica è il centro del nostro messaggio, quindi l'importante è che ciò sia veicolato.
Domanda inevitabile: quali sono i gruppi senza i quali la vostra band non sarebbe mai nata? Sono molti, alcuni comuni, altri più personali.
Siamo tutti cresciuti con i Pink Floyd, i Genesis, i King Crimson ma, riallacciandoci ai temi della prima domanda, ciascuno di noi ha vissuto la propria crescita musicale in modo specifico, quindi in questo "pantheon" di nomi è fondamentale citare le diverse influenze di ognuno di noi: Yes, Supertramp, ELP, Marillion, PFM, Banco, le Orme, gli Area, ma anche Led Zeppelin, Clash, Police, CSI, Afterhours e il cantautorato italiano più florido di idee come De Andrè, Fossati.
È interessante magari sottolineare come siano stati decisivi per la nostra band, specialmente per i testi e le atmosfere di quello che componiamo, anche Philip Roth, Pasolini, Kundera, Svevo, Veronesi o registi come Bertolucci e Leone. Come detto noi crediamo molto nelle commistioni culturali, la linfa di cui ci nutriamo arriva da più terreni fertili.
Quali sono invece i gruppi contemporanei, i vostri colleghi di oggi, che considerate più interessanti? Fortunatamente c'è ancora oggi tanta buonissima musica in giro e anche molta negli anni 2000: tutti noi apprezziamo i lavori dei Dream Theater, dei Porcupine Tree e poi più recentemente i capolavori di Steven Wilson con le sue varie collaborazioni. Seguiamo con attenzione gli Opeth, i Tool, i Big Big Train. In termini di contaminazione di generi i Radiohead sono indubbiamente dei maestri, così come i primi Arcade Fire. Nel contesto della musica italiana ci piacciono molto i lavori degli ORK e dei Winstons. Anche alcuni tra i migliori lavori degli ultimi 2 anni sono nel segno del contagio positivo tra generi musicali all'apparenza diversi, pensiamo agli album di Sons of Kemet, Regal Worm, I Hate My Village, Childish Gambino, Flying Colors, The Winstons.
Non appena uscito, Stay Here My Friends ha ricevuto una bella curiosità all'estero, come sempre accade con gli album di progressivo italiano. Qual è secondo voi il motivo di tale gradimento? Sì effettivamente soprattutto in Giappone ed in Brasile, al momento, abbiamo ricevuto molte richieste ed attenzioni. Probabilmente il pubblico straniero riconosce da sempre nelle cose che facciamo noi italiani un gusto e una qualità che è anche nelle loro corde. Questo è vero nella musica, certamente, ma è possibile riscontrarlo in molti campi, come in quello cinematografico ad esempio. Con questa nostra esperienza, abbiamo avuto modo di percepire la "fame", l'enorme interesse che gli stranieri nutrono nella musica prog italiana: sono costantemente in attesa di novità e quando queste novità arrivano sul mercato, riscuotono immediato successo. Abbiamo come italiani una storia artistica alle spalle, dai tempi di Michelangelo e Leonardo, che ci aiuta e crediamo che il Novecento cinematografico e letterario abbia contribuito a mantenere viva questa idea. In ambito progressive poi l'Italia è stata uno dei fari negli anni '70. PFM live in Japan è uno dei live più noti in ambito progressive, non a caso.
Wish dal vivo. Stay Here My Friends è un lavoro di studio e basta oppure la band è pronta anche per il live? Questo è un lavoro fortemente da studio, nel senso che abbiamo curato moltissimo le sonorità, con un'attenzione maniacale nell'uso degli strumenti e nella loro calibrazione; il mixing è stato molto accurato, abbiamo discusso e condiviso molto. Ovviamente ci esibiremo dal vivo, ce lo auguriamo presto e ci stiamo preparando per offrire al meglio le nostre sonorità. Da qualche anno siamo senza bassista, ma ci stiamo attivando per trovare la soluzione migliore. Le nostre sonorità, come nel miglior Prog e Rock, sono fatte di pieni e di vuoti, per cui sarà anche importante per noi riuscire a trovare il giusto set-up per rendere al meglio le nostre composizioni dal vivo.
Solitamente i dischi d'esordio hanno con sé tutte le idee del passato, degli inizi, e poi una volta usciti alimentano nuovi spunti. È il caso anche dei Wish? Ovvero: state già pensando a un sequel? Abbiamo moltissimo materiale prodotto negli anni: per realizzare questo disco abbiamo fatto delle scelte proprio in ragione del concept tematico sull'amicizia e prediligendo qualche brano, tra quelli passati, che costituissero un bel biglietto da visita per chi comincia oggi ad ascoltarci. Abbiamo anche diverso materiale recente e stiamo già scrivendo nuova musica, per fortuna la vena compositiva non ci manca. L'entusiasmo che abbiamo sperimentato negli ultimi tre anni ci ha anche dato molta energia nuova. In aggiunta a ciò abbiamo la nostra piccola casa, lo studio che abbiamo negli anni allestito ed equipaggiato e che ci accoglie, ci aiuta quando abbiamo voglia e necessità di registrare qualche composizione e mettere al sicuro qualche idea. È un'ancora non indifferente, una certezza.
Anche il prossimo album nasce da un'idea molto forte ed un contenuto importante. Per il prossimo disco stiamo ripescando e riverniciando qualcosa dal passato, unendo il tutto a dei pezzi completamente nuovi, che già stiamo cominciando a registrare. Quindi dovremo fare di nuovo delle scelte faticose, o forse le abbiamo già fatte...!