Parlaci del
tuo ultimo lavoro, "Che il Mediterraneo sia", dove alla musica napoletana si
fondano altre sonorità, come l'araba, l'africana, ...
Io parto dalla considerazione che sono un
compositore, cioè scrivo musica, ballate, canzoni, musiche da film e così via, e
quindi sono sospeso alla ricerca di una melodia che rappresenti un po' il nostro
tempo. Ad un certo punto la musica etnica mi fornisce un elemento, una strada,
una soluzione ritmica, una soluzione di fantasia legata alle regioni in cui sono
nato; questo fatto mi indirizza in una strada di originalità che io sicuramente
riscontro nei confronti di tanti miei colleghi che sono molto attratti da
musiche che vengono, per esempio, dal mondo anglosassone, invece io sin da
ragazzo ho privilegiato questi strumenti un po' rari, un po' desueti che erano
gli strumenti della musica tradizionale, vedi la chitarra battente, il tamburo,
vedi i ritmi come la Taranta. Così ad un certo punto quando mi sono accorto che
questo lavoro dava dei frutti, perchè una nuova generazione è esplosa nel così
detto "Taranta power", il popolo della Taranta, in questo momento ci sono decine
di migliaia di ragazzi che vanno e la riscoprono, infatti il mio gruppo è fatto
da ragazzi giovanissimi. Perchè? Perchè questa è una cultura emergente,
dimostrazione di ciò è che una ragazzina di tredici anni suona il tamburello, e
ce ne sono di più piccoli, quindi è qualcosa che riguarda il futuro. Una volta
che in qualche modo ho riaffermato questa nostra ricchezza delle regioni del
sud, che ho chiamato "Taranta power", viene naturale confrontarsi con le altre
culture del Mediterraneo, anche perchè ci sono tanti extracomunitari fra di noi,
e sono anche una ricchezza, a parte i problemi che vanno affrontati, poi
comunque sono un arricchimento, come dire, possono in qualche modo rinsanguare
la cultura italiana che langue. E allora "Che il Mediterraneo sia" è questo
progetto, che però detto a parole..., potresti dire: "innesti una voce araba su
una musica napoletana", voglio dire, alla fine qualsiasi creatività, creazione
artistica deve passare attraverso il giudizio, il risultato. Il risultato è il
nostro progetto che ci sta facendo girare un po' in tutto il mondo.
Come vedi la situazione musicale a Napoli oggi, con tipi di musica diversi da
quando hai cominciato con la Nuova Compagnia di Canto popolare?
Parlare di Napoli è come parlare dei panni sporchi
che si lavano in famiglia. Napoli ha una marcia sorprendente, cioè si rinnova di
continuo, questo è sicuramente vero! Napoli ha dei grandi artisti, ha degli
artisti in crisi, ha degli artisti che scompaiono, e degli artisti che crescono,
ci sono dei gruppi emergenti a Napoli che sono fortissimi, vorrei citare
sopratutto i 24 Grana, c'è un'artista napoletana che si chiama Pietra
Montecorvino, che è la più grande cantante che c'è in Italia, e sta facendo
successo in tutta Europa. Poi ci sono i grandi artisti, vedi Pino Daniele, che
indubbiamente passa una fase..., merita tutto il rispetto perchè è un poeta, in
questo momento le cose che fa non suscitano interesse in me, ma in tanti altri,
una fase un po' di involuzione, forse perchè ha abbandonato Napoli, poi c'è
tanto fermento, ci sono tanti musicisti minori che sono molto forti, c'è James
Senese, che è un grande, che sta li a non volere avere successo, e noi lo
rispettiamo, sopratutto c'è una musicalità per strada che la cogli andando nei
centri sociali o scendendo nei vicoli popolari.
Abbiamo parlato della Napoli musicale, ma Napoli è ricca anche di cultura
gastronomica. Tu da napoletano che gira il mondo per far conoscere la cultura
napoletana, come ti trovi con le cucine degli altri paesi?
Più volte girando per il mondo, appunto, ci
succede di essere invitati, per esempio, da associazioni italiane, e mi dicono:
"Eugenio ti facciamo un bel piatto di spaghetti!", per esempio mi è successo a
Buenos Aires. Per cortesia, per non essere scostanti, ci andiamo, però quando
sono a Buenos Aires preferisco calarmi nella cultura gastronomica del luogo, e
questo dappertutto, a Buenos Aires come a Mabutu in Mozambico, come in
Australia, come a Singapore. Voglio dire: la cosa più interessante della cultura
globale è la diversità, in ogni posto c'è una musica, c'è una lingua, e fra le
altre cose, importantissimo, c'è un cibo, una cultura gastronomica. A me piace
mangiare la cucina del luogo, in generale, quando torno a Napoli, invece
ritornare ed essere felici che Napoli mantiene la sua cultura gastronomica
intatta, incontaminata, nonostante gli assalti di Mac Donalds, che pure è un
fatto positivo, che stanno li quando vuoi stare senza divagare, la cosa
importante è il ragù napoletano di cui mi parlava il mio maestro Edoardo
Caliendo, che la domenica mattina non faceva lezioni di chitarra, anzi già il
sabato pomeriggio sospendeva perchè diceva che doveva preparare il ragù, e che
ci dovevano, se non sbaglio, 12 ore. Ecco, queste cose rappresentano l'essenza
della vita, secondo me, quindi è importante che nella globalizzazione non si
perdano, così come è importante che nella globalizzazione non si perda la nostra
cultura musicale, e io sto facendo di tutto per salvarla, e forse ci sono
riuscito.
E tu come ti trovi ai fornelli? Sei uno che cucina, o gusti solo piatti fatti
da altri?
Io devo essere sincero, so fare solamente le
frittate, non ho mai cucinato la pasta in vita mia, forse perchè mi sono trovato
sempre attorniato da tante donne amorose che l'hanno cucinata per me.
Tornando un attimo alla tua musica, ci puoi anticipare qualcosa sui tuoi
programmi futuri?
Un musicista vive sempre nell'incertezza, giorno
per giorno, che poi è il bello della nostra vita, che poi è una vita pericolosa,
perchè non siamo impiegati statali e siamo in balia degli umori degli altri
artisti, del pubblico, e così via. In questo momento ho un periodo molto fertile
in cui sto facendo tante cose, innanzitutto queste tournèe che ci portano in
luoghi così belli, come quello di stasera a Palermo, e ci portano in giro per il
mondo, tre giorni fa ero a Pamplona in Spagna, la settimana scorsa ero a
Norimberga, e siamo in partenza di nuovo per l'estero. Questo è per me un grande
arricchimento, perchè il confronto con altre culture è continuo, negli ultimi 5
anni ho girato il mondo. Poi succede che ogni tanto qualche regista mi chiede di
fare le musiche di un film, per esempio questo inverno ho fatto, fra l'altro con
mio fratello Edoardo, le musiche del cartone animato "Totò sapore" della
Medusa, che fra l'altro, manco a farlo apposta, è un musical ambientato a Napoli
nel settecento e racconta dell'invenzione della pizza, e quindi è un argomento
musical gastronomico, ho dovuto scrivere il brano che si chiama "Pizza story",
ho dovuto scrivere la canzone delle pentole, la canzone della fame, di questa
fame esagerata, finta, teatrale napoletana, per cui il popolo ha sempre
lamentato di aver fame in una città dove in realtà la fame non c'è mai stata, e
Pulcinella in questo senso è la metafora di questa fame teatrale, dice sempre: "Me
mor 'e famm!", "'E maccarune", lui ha sempre desiderio dei
maccheroni. Voglio dire, per quanto Napoli non è una città campi di chissà quale
ricchezza industriale, non c'è stato mai nessuno che è morto di fame a Napoli,
per fortuna, e i mercati di Napoli, come quelli di Palermo, sono ricchissimi di
merci, però il popolo napoletano, come quello di Palermo, esprime sempre, quasi
per ruolo teatrale, la fame e la voglia di mangiare.
Per finire un tuo saluto ai visitatori di spaghettitaliani:
Un saluto da Eugenio Bennato ai visitatori di
spaghettitaliani, ricordiamoci che ognuno ha un dovere e una felicità, quella di
ricordare di non perdere le proprie favole e le proprie caratteristiche, in un
mondo che si è avvicinato così velocemente, da un popolo all'altro, e allora
imparerò anch'io a fare gli spaghetti, in modo che la prossima volta che andrò
all'estero e me lo chiederanno, mostrerò da dove veniamo, quali sono le nostre
radici.
Ringrazio Eugenio Bennato per la sua disponibilità e per la simpatia con cui
ha accettato di rispondere alle mie domande, e mi commiato con un grosso in
bocca al lupo per i suoi tanti progetti. |